giovedì 6 novembre 2008
Il politologo francese Pierre Hassner: «Vi è un'intesa sul multilateralismo anche se temo possano emergere forti contrasti operativi».
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«Esistono nuove prospettive d'intesa transatlantica, ma attenzione! Nel breve periodo, l'Europa multilateralista rischia di essere delusa da Obama». A lanciare l'avvertimento è il politologo Pierre Hassner, fra i massimi esperti mondiali di relazioni atlantiche, docente in Francia e al centro europeo di Bologna della John Hopkins University, autore di opere ed articoli sulla politica estera americana tradotti anche in Italia che gli hanno valso, fra l'altro, il prestigioso premio Tocqueville. Professore, in Europa e altrove si è parlato di «Obamamania». La sorprende questa popolarità senza frontiere del nuovo presidente?Sono rimasto colpito dalla quasi unanimità che in pochi mesi ha apparentemente ridotto la distanza fra l'America e il resto del mondo. In alcuni Paesi che si sentono minacciati, come l'Albania, la Georgia e in parte Israele, la preferenza della gente è rimasta fino alla fine per McCain, giudicato più intransigente e meno morbido. Ma si è trattato di eccezioni in un momento abbastanza unico di ritrovo simbolico dell'intero pianeta. Le reazioni politiche in Europa sono state rapide e ottimiste. Sul fronte transatlantico, le pare un ottimismo giustificato? Obama è senz'altro molto più vicino agli europei rispetto a McCain e Bush. Ma, al contempo, l'Europa non pare certo fra le sue priorità, focalizzate invece sulla crisi economica e le maggiori aree "calde" planetarie. Esistono margini maggiori per un'intesa, ma non si può neppure escludere una delusione reciproca sulla concezione del multilateralismo. Soprattutto se Washington continuerà a considerarlo come la possibilità offerta agli alleati di dare sostegno alla presenza militare americana in Afghanistan o altrove. Un sostegno da cui tante capitali preferirebbero invece oggi defilarsi. Inoltre, in queste aree di crisi, il vero problema è che non s'intravedono per il momento soluzioni. Aldilà del multilateralismo o meno, c'è un nodo irrisolto legato al contenuto dell'azione. La fiducia nel multilateralismo non basta. Dunque, la strada non è ancora spianata...Non credo, anche pensando a ciò che sta accadendo in Europa dell'Est, l'unica area europea di cui si sia davvero parlato nella campagna americana. La Polonia e gli Stati Baltici sono per l'ingresso di Ucraina e Georgia nella Nato ed Obama pare convergere su questa posizione. A differenza di gran parte dell'Europa occidentale, per nulla entusiasta. Si è parlato anche di un Obama «protezionista» sul commercio internazionale. Che ne pensa? In questo periodo di crisi, è impossibile fare previsioni su questo fronte. Ma credo si sia esagerato definendo Obama come un protezionista, dato che si tratta innanzitutto di un pragmatico. Lo sarà probabilmente tanto più grazie all'eccellente staff di consiglieri economici che ha riunito. I dirigenti europei chiedono un rapporto transatlantico «più equilibrato». Una speranza fondata? Credo di sì. In ogni caso, l'ondata d'ostilità in America soprattutto contro la Francia e più in generale verso l'ex «fronte del no» alla guerra in Iraq, pare ormai una storia del passato. Ma il rischio per l'Europa pare oggi soprattutto quello di essere un po' dimenticata. Almeno fin quando la diplomazia americana si concentrerà sugli assi critici con la Russia, il Medio Oriente, con Chavez o su potenze emergenti come India e Cina. Spetta soprattutto all'Europa il compito di pesare di più a livello diplomatico e non solo in campo economico. In ambiti di cooperazione nuovi come l'ecologia, gli Stati Uniti potrebbero avvicinarsi alle posizioni europee? A giudicare dai suoi discorsi, Obama sembra credere sinceramente nelle energie rinnovabili e nella lotta all'inquinamento. Ma la crisi economica rischia di relegare questo tema negli Stati Uniti fra quelli non prioritari. Cosa può apprendere l'Europa da questa elezione «storica»? Condivido il parere di chi giudica ancora inconcepibile un'elezione simile in Francia e negli altri Paesi europei, pur così avvezzi spesso a biasimare il presunto razzismo negli Stati Uniti. C'è tanto da apprendere su questo fronte, così come dalla capacità degli Stati Uniti di voltare pagina per rigenerarsi. L'Europa, spesso così poco appassionata, può anche imparare dallo slancio ideale che ha attraversato questa elezione.
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