mercoledì 13 febbraio 2013
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​Per giustificare l’esplosione sotterranea di ieri, il regime di Kim Jong-un ha avanzato la necessità di voler punire gli Stati Uniti e vicini ostili che hanno osato imporre nuove sanzioni dopo il lancio di un razzo lo scorso dicembre. Attese, scontate ma ancora più concitate e dure del solito, le dichiarazioni delle diplomazie, ancora una volta coalizzate contro la Corea del Nord con le eccezioni di Cina e Russia. La prima in modo ancora più flebile, la seconda con un invito incolore a riprendere i colloqui per la denuclearizzazione della Penisola coreana.Alla fine, davanti alla dimostrazione che la tecnologia nordcoreana è in grado di concentrare sempre più energia in ordigni via via miniaturizzati per poterli in prospettiva collocare su missili intercontinentali che in teoria potrebbero portare l’olocausto sul continente americano ma al momento possono solo mettere in orbita satelliti da propaganda, Pechino ha mostrato il suo volto incerto e anche corrucciato. «Il governo cinese esprime la sua forte insoddisfazione e la sua risoluta opposizione dopo che la Corea del Nord ha ignorato l’opposizione comune della comunità internazionale a un nuovo test nucleare», ha dichiarato il ministro degli Esteri cinese Yang Jechi che ha convocato l’ambasciatore nordcoreano a Pechino. La «politica coerente della Cina – ha ricordato – è quella di arrivare alla denuclearizzazione della Penisola coreana, di prevenire la proliferazione nucleare e proteggere la pace e la stabilità nell’Asia nord-orientale». Come dire che l’avvicinarsi della reale possibilità per la Corea del Nord di porsi come antagonista nucleare – fatte salve le debite proporzioni – con l’avversario statunitense e i subordinati sudcoreano e giapponese comincia a logorare l’attaccamento di Pechino a questo alleato ereditato dalla Guerra fredda, dai tempi dell’ideologia e della fame ma che contrariamente al potente vicino non è stato in grado di avanzare verso il «socialismo di mercato» e di darsi un’oligarchia che si regga sul consenso e sulla corsa al benessere dei cittadini piuttosto che sul terrore. Pechino teme la provocazione, l’evento improvviso e come tanti atti di Pyongyang all’apparenza inconsulto che potrebbe scaricare sul suo territorio una popolazione affamata e terrorizzata e sulla penisola coreana un diluvio di fuoco convenzionale ma forse anche nucleare.Una Corea del Nord con le spalle sempre più vicine al muro è un Paese sempre meno controllabile e nessuna analisi può indicare con certezza i limiti della sua frustrazione e della sua ragionevolezza.
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