mercoledì 20 aprile 2022
Il "comandante unico" ha inasprito la potenza di fuoco per capitalizzare i successi, bombardando massicciamente. Il terreno aiuta i difensori, ma Mosca sta imparando in fretta
Preparativi a Mosca per la Giornata della Vittoria, il 9 maggio prossimo

Preparativi a Mosca per la Giornata della Vittoria, il 9 maggio prossimo - Ansa

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Pessima intelligence, equipaggiamenti scadenti e assenza di sinergia tra forze aero-terrestri: sono questi i motivi del fiasco russo iniziale in Ucraina. Scopertasi incapace di condurre una campagna militare moderna, la Russia è tornata ai suoi metodi antichi, scivolando nella brutalità più becera.

La guerra ha mutato volto. In due mesi, ha attraversato almeno tre fasi.

L’idea russa iniziale era tentare un colpo di mano rapido, contando sul crollo repentino delle forze armate ucraine. Sarebbero bastate forze leggere e unità della guardia nazionale, poi entrate in un batter d’occhio in Ucraina, con poca logistica e con l’occorrente per pochi giorni. È stato il primo errore: malinterpretare il contesto socio-politico-militare ucraino, pagato caro dal servizio federale informativo del Cremlino. La taglia del dispositivo della prima fase di guerra dice che Mosca non pensava di dover fronteggiare scontri ad alta intensità, così duraturi. Vigeva l’assunto, infondato, che le sacche di resistenza ucraine sarebbero state circoscritte. E invece tutto è andato storto. Fin da subito. La guerra lampo, leggera e indolore, si è dovuta trasformare in un’operazione convenzionale pesante, più complessa e articolata.

Ma nemmeno nel nuovo scenario i russi hanno brillato. Gli ucraini hanno spesso intercettato le comunicazioni del nemico che, a dispetto di tanta propaganda ufficiale, era equipaggiato per lo più con radio cinesi, crittografate con sistemi open source. Imbeccati pure dall’intelligence aero-satellitare del Pentagono e di Londra, gli ucraini conoscevano spesso in anticipo le mosse russe. Potevano tendere imboscate e scompaginarne i piani. Molti reparti russi sono stati mandati al fronte senza avere mezzi per la visione notturna, senza ottiche avanzate per i fucili, del tutto inadatti alla guerra al buio. Si vedevano spesso le forze di manovra corazzate procedere scoordinate rispetto alla fanteria.

Mancavano tragicamente i droni da ricognizione. Sono state tante le falle della seconda fase di guerra, dispersa su cinque assi disomogenei e priva di una catena di comando univoca. Visti i limiti russi, è davvero giustificato il riarmo senza limiti annunciato in Occidente? In teatro, Mosca è dovuta presto correre ai ripari, ridimensionando gli obiettivi, almeno per ora.

La nomina del generale Dvornikov al comando assoluto della guerra ha avviato la terza fase, concentrata unicamente a est e a sud. Il generale capeggiava dal 2016 il distretto meridionale. Logico che avesse la responsabilità dell’asse sud di avanzata anche in Ucraina, fin dalle prime fasi. I suoi uomini sono stati gli unici ad aver incamerato successi tattici. Si sono spinti a ovest fino a Kherson. A nord, hanno preso la centrale di Zaphorizia. A est, hanno ghermito il porto di Berdiansk. Stanno per espugnare totalmente Mariupol, dopo un assedio micidiale che dura da due mesi. Una volta completata l’operazione in città potranno ricongiungersi con le forze separatiste del Donbass.

La nomina del generale, tardiva, è fondamentale. In ogni guerra, avere un condottiero unico è imperativo, tatticamente e psicologicamente. La storia è piena di comandanti supremi capaci di galvanizzare gli uomini fino alla vittoria. Con un problema tragico. Fedele ai suoi trascorsi in Cecenia e in Siria, il «Generale» ha già inasprito la potenza di fuoco sprigionata per capitalizzare i successi ottenuti, bombardando massicciamente anche Kharkiv e Leopoli. Sarà il dramma della nuova fase, ancora incerta negli esiti. Per la battaglia del Donbass, lo sforzo russo supera già quello che potrebbe mobilitare l’esercito italiano nel suo complesso. I bombardamenti aerei sono intensi, con 200 sortite ieri e avant’ieri.

Siamo nel momento decisivo. I russi stanno manovrando su tutti i 480 chilometri del fronte, appoggiati dall’alto e da uno sbarramento di artiglieria molto intenso, con Centinaia di obiettivi colpiti. Per ora non sfondano. Hanno di fronte le migliori brigate dell’esercito ucraino, preparatesi per tempo. Tentano di convergere verso la sacca di Severodonetsk in direzione della strada N15. La progressione più rapida si registra verso Barvinkove, al ritmo, lento, di un chilometro al giorno. Le avanguardie spintesi oltre Izium sono già bersagliate dalla guerriglia e dalle forze speciali nemiche. Occorrerà tempo: il terreno favorisce in molti punti i difensori. I russi sembrano però coordinarsi meglio. Sono molto più guardinghi che in passato, segno che le lezioni di allora sono state assimilate. I grandi obiettivi, come Dnipro e Odessa, sono rimandati alle calende greche. Rimane un dubbio: arriveranno risultati sufficienti entro la data critica del 9 maggio?

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