martedì 27 settembre 2011
L’Anp spera nel consenso di Gabon, Nigeria e Colombia. Però Gran Bretagna, Francia, Portogallo, Germania e Bosnia tendono a considerare prematuro il passo sul riconoscimento.
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La prima riunione al Consiglio di Sicurezza dell’Onu sulla richiesta palestinese di riconoscimento come Stato membro si è conclusa, come previsto, senza un voto. Ma dietro le quinte continuano le pressioni sui Paesi del Consiglio affinché approvino o respingano la domanda. I palestinesi stanno cercando di raccogliere i nove voti necessari all’approvazione della loro domanda, costringendo così gli Stati Uniti a porre un altro scomodo veto sulla questione mediorientale. A febbraio gli Usa avevano posto il veto su una risoluzione che condannava l’attività di Israele negli insediamenti, anche se il linguaggio utilizzato era simile all’invito dell’Amministrazione Obama a fermare la costruzione di nuove colonie. La fine della moratoria decisa un anno da Israele ha portato al ritiro dei palestinesi dai negoziati. E ieri la Lega araba ha fatto appello al Consiglio di sicurezza Onu perché riconosca lo Stato palestinese. Il segretario generale aggiunto dell’organismo panarabo, Mohamed Sobeih, ha invitato i suoi membri permanenti del Consiglio, che nel 1947 hanno votato per la divisione della Palestina, ad assumersi una «responsabilità morale». Quindi ha messo in guardia gli Usa dal fare ricorso al veto, perché «metterebbe a rischio il processo di pace». All’inizio della discussione formale sulla questione, i palestinesi possono contare su sei voti certi, quelli di Cina, Russia, Brasile, Libano, India e Sudafrica. Il ministro degli Esteri palestinese Riyad al-Malki ha affermato però che spera di ottenere il consenso di Gabon, Nigeria e Colombia. I cinque Paesi europei attualmente in Consiglio, Gran Bretagna, Francia, Portogallo, Bosnia e Germania – che votarono a favore della risoluzione sugli insediamenti – tendono ad essere d’accordo con Washington che il tentativo palestinese di ottenere il riconoscimento Onu è prematuro. Ma la Francia preme per una “promozione” a Stato non membro osservatore, alla pari del Vaticano.Tecnicamente il Consiglio ha 35 giorni di tempo per valutare la richiesta di adesione. A luglio, la petizione del Sud Sudan, 193esimo membro Onu, è stata approvata in pochi giorni. Ma diplomatici occidentali spiegano che questo caso è diverso. Rallentare il processo di esame servirebbe agli Usa per conquistare voti e al Quartetto per esercitare pressione su entrambe le parti e farle tornare al tavolo della trattativa. La recente proposta del Quartetto di aprire un negoziato che si chiuda entro il 2012 ha finora ha raccolto solo un tiepido consenso del governo Netanyahu e il rifiuto dei palestinesi, determinati a porre come condizione per tornare al dialogo il congelamento delle costruzioni di colonie nei Territori. Ma ieri il cancelliere tedesco Angela Merkel ha esortato durante un colloquio telefonico il presidente Mahmud Abbas (Abu Mazen) ad accettare la proposta del Quartetto per avviare negoziati con Israele. Una piccola apertura è arrivata ieri dal presidente israeliano Shimon Peres che ha definito il presidente dell’Anp Abu Mazen il miglior leader con cui lavorare. Intanto però Abbas in un’intervista al quotidiano pan arabo <+corsivo>Al-Sharq al-Aswat<+tondo>, ha detto di considerare Benjamin Netanyahu il leader israeliano più inflessibile.
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