venerdì 5 dicembre 2014
​La donna pakistana, condannata a morte per la falsa accusa di blasfemia, è in pessime condizioni di salute. Da 5 anni vive nel terrore di essere uccisa.
Il difensore: pressioni per lei, rischia l'esecuzione
L'Isis minaccia chi difende gli imputati di blasfemia
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Continua il lungo calvario di Asia Bibi. La donna pakistana, cattolica, in carcere da 5 anni con la falsa accusa di blasfemia, è molto malata. Madre di cinque figli è stata condannata a morte. Da tempo accusa febbre alta e forti emicranie. Per una revisione della sentenza, si stanno moltiplicando le iniziative internazionali, che chiedono anche una modifica della legge sulla blasfemia, diventata in Pakistan un’arma di persecuzione delle minoranze. Tuttavia, le difficoltà in un Paese al 95% islamico sembrano insormontabili. La Radio Vaticana ha interpellato sulla vicenda con Mobeen Shahid, docente di Pensiero e religione islamica alla Pontificia Università Lateranense e fondatore dell’Associazione internazionale “Pakistani cristiani in Italia”. "Asia Bibi non sta male solo da ora, ma già da qualche anno, non avendo avuto grandi possibilità di vedere la sua famiglia - ricorda il professore -. Ma non solo non riesce a vedere i suoi familiari, ha anche paura di essere uccisa da una delle sue compagne di cella. Per questo, fisicamente la donna è molto debole e su di lei influisce negativamente anche il suo isolamento. Inoltre il fatto triste è che un’Alta Corte confermi una condanna a morte basata su false accuse. Purtroppo, la situazione della persecuzione dei cristiani è un fatto quotidiano". In Pakistan, nota Shahid, c’è molto timore di difendere Asia Bibi anche da parte di chi è convinto della sua innocenza. Però "devo dire che le possibilità che possa essere cancellata sono maggiori. Ma, nello stesso momento, non è detto che sia così semplice per i giudici stessi, in quanto la Corte suprema è a Islamabad e proprio a Islamabad si trova il parlamento dove sono presenti i gruppi fondamentalisti religiosi e sono proprio loro che cercano di mantenere l’atteggiamento fanatico a livello popolare. Sarà quindi difficile per il giudice che dovrà trattare il caso guardarsi da questa aggressione dei gruppi religiosi e anche lasciare libera Asia Bibi e farla rimanere in Pakistan, in condizioni di sicurezza. Infatti, è sufficiente l’accusa rivoltale perché qualcuno si senta in diritto di ucciderla. Nessuno andrà a cercare le prove. Uno dei politici e religiosi di Peshawar aveva anche promesso un premio per chi riuscisse a uccidere Asia Bibi, per cui lei ha anche una "fatwa" dichiarata contro di sé nel momento in cui dovesse essere liberata, nel caso in cui ciò dovesse accadere. Non è semplice proteggerla in Pakistan". Una situazione difficile. In cui rischiano la vita anche gli avvocati che difendono gli accusati di blasfemia. Lo stesso avvocato di Asia Bibi è stato minacciato. I cristiani, ogni giorno, vivono con la paura che chiunque, per il motivo più astruso, li possa accusare di blasfemia. "In questa ottica - dice il professore - anche il cittadino musulmano del Pakistan più equilibrato, che potesse anche provare a difendere il vicino accusato falsamente di blasfemia, ha paura, in quanto l’atteggiamento generale è quello di non ascoltare nessuno, nel senso che la promozione dell’educazione al rispetto altrui è sostanzialmente ferma. Viceversa, l’educazione al fondamentalismo ha prodotto i mujaheddin e i taleban e l’attuale condizione fanatica sociale. E’ quindi sempre l’educazione che potrà produrre questo cambiamento, scardinando la legge stessa, perché il potere della legge sta nel suo abuso".
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