mercoledì 23 novembre 2016
Pena capitale a un predicatore islamico e ai 4 responsabili del delitto di due anni fa: vennero accusati di blasfemia. In cella anche otto complici. Assolto il padrone della fornace
Shahzad aveva 26 anni e la moglie Shama 24: aspettava il quarto figlio

Shahzad aveva 26 anni e la moglie Shama 24: aspettava il quarto figlio

COMMENTA E CONDIVIDI

Uno speciale Tribunale antiterrorismo (Atc) ha condannato oggi a morte in Pakistan cinque islamici per la morte di una coppia di cristiani a Kit Radha Kishan in Punjab. I cinque erano accusati di aver imputato falsamente alla coppia un episodio di blasfemia scatenando così la reazione di una folla di 400 persone inferocite che li ha prima assaliti e poi bruciati nella stessa fornace vicino alla quale lavoravano da anni in una condizione di semi-schiavitù. L'episodio, che all'epoca aveva fatto scalpore sulla stampa internazionale, era avvenuto il 2 novembre del 2014. Secondo informazioni di fonte giudiziaria il giudice Chaudhry Muhammad Azam ha condannato alla pena capitale Hafiz Ishtiaq, un predicatore islamico, ed altri quattro persone considerate i responsabili dell'omicidio di Shahzad, 26 anni, e Shama, 24 anni, accusati pretestuosamente di avere dissacrato il Corano. Altre otto persone hanno ricevuto una pena di due anni di carcere per aver avuto un ruolo minore nell'assalto alla casadella coppia.

Centinaia di assalitori

Il giudice ha anche imposto ai cinque condannati a morte una multa di 200.000 rupie (circa 200euro). Secondo il risultato dell'inchiesta della polizia depositata in tribunale nel novembre 2014 gli imputati «hanno convocato una folla di centinaia di persone con un appello attraverso gli altoparlanti della locale moschea che hanno incitato alla violenza contro la coppia». Marito e moglie lavoravano entrambi presso una fabbrica di mattoni a Kot Radha Kishan, nel distretto di Kasur, avevano tre figli e la donna era incinta di un quarto.

No alla pena capitale

Le cronache dell'epoca riferirono che la coppia fu prima torturata da circa 400 persone e poi bruciata viva in una fornace. Nei due anni dall’evento, la giustizia ha faticato a procedere verso una sentenza, con evidenti imbarazzi e incertezze ed è stato determinante l’impegno di attivisti e legali cristiani per garantire che il processo arrivasse a una sentenza di condanna, anche se questi non avrebbero voluto una sentenza capitale, misura più volte rifiutata anche dalla Chiesa locale nell’ultimo biennio. Particolarmente attiva la Fondazione Cecil e Iris Chaudhry. Quest’ultima si è assunta il compito di tutelare la sicurezza e provvedere all’istruzione dei tre figli orfani della coppia. Nei mesi scorsi, per episodi legati alla persecuzione dei cristiani, i vescovi pachistani si erano comunque espressi chiaramente contro il ricorso alla pena di morte come strumento di punizione dei colpevoli.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI