venerdì 17 agosto 2012
​L’Organizzazione della cooperazione islamica ha «congelato» il Paese: «Non si può più accettare che un leader massacri il suo popolo usando aerei, carri armati e artiglieria pesante». Contrario solo l’Iran che ha definito «ingiusta» la decisione. Ancora raid: 158 le vittime, 60 nei pressi dalla capitale.
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L'Organizzazione della cooperazione islamica (Oci) ha deciso di sospendere la Siria tra i suoi membri. Lo ha annunciato la stessa organizzazione ieri a La Mecca, in Arabia Saudita, dove si è svolto un summit dei 57 Paesi membri cui hanno partecipato 40 capi di Stato. Nel documento finale si legge che «la conferenza ha deciso di sospendere l’adesione della Repubblica araba siriana dall’Oci, da tutti i suoi organi sussidiari e dalle istituzioni specializzate e affiliate». Una decisione, questa, che conferma l’indicazione fornita lunedì dalla riunione preliminare dei ministri degli Esteri dell’organizzazione. Nel testo si legge anche della «profonda preoccupazione per il massacro e gli atti disumani a cui è sottoposto il popolo siriano». Nel corso di una conferenza stampa il presidente dell’Oci, il turco Ekmeleddin Ihsanoglu ha sottolineato la volontà di mandare «un messaggio forte da parte del mondo islamico al regime siriano» per la repressione che va avanti ormai da 17 mesi. «Questo mondo – ha precisato Ihsanoglu – non può più accettare che un regime massacri il suo popolo usando aerei, carri armati e artiglieria pesante». Ihsanoglu ha tuttavia detto «di non aver avvertito molto sostegno all’ipotesi di un intervento militare esterno» e ha definito la decisione di sospendere la Siria dall’organizzazione come «un messaggio alla comunità internazionale che il mondo musulmano è favorevole a una soluzione pacifica, vuole la fine dello spargimento di sangue e rifiuta che il problema degeneri verso un conflitto religioso o si allarghi all’intera regione». È stata l’Arabia Saudita, Paese ospitante il vertice, a guidare l’impegno dell’Oci per isolare diplomaticamente la Siria. Contrario alla sospensione si è invece confermato l’Iran di Mahmoud Ahmadinejad. Il ministro degli Esteri iraniano ha criticato la decisione «ingiusta» adottata al summit sostenendo che è contraria alla Carta dell’organizzazione. «La cooperazione è più logica della sospensione – ha detto Ali Akbar Salehi –, e prima di prendere questa decisione, era necessario invitare il governo siriano al summit per difendersi e presentare ufficialmente ai partecipanti le sue opinioni».Salehi ha inoltre invitato a trovare un meccanismo attraverso il quale governo e opposizione in Siria possano condurre negoziati per porre fine alla crisi. Seppure simbolica, la sospensione isola ulteriormente il regime di Damasco sulla scena internazionale. Al Consiglio di sicurezza, siedono attualmente quattro Paesi membri dell’Oci che saranno chiamati ad esprimersi, prima di domenica, sul rinnovo della missione degli osservatori Onu nel Paese mediorientale. E proprio dall’Onu arriva una decisione che Mosca si è affrettata a definire un «disastro»: il Consiglio di Sicurezza ha infatti deciso di non rinnovare il mandato della missione di osservatori internazionali nel Paese. «Le condizioni per prorogarla non sono state soddisfatte, per questo la missione si concluderà alla mezzanotte di domenica», ha dichiarato l’ambasciatore francese Gerard Araud, presidente di turno del Consiglio. La Russia da parte sua, ha convocato per oggi una riunione del Gruppo d’azione per la Siria a livello di ambasciatori nella sede delle Nazioni Unite a New York. L’obiettivo di Mosca è di lanciare, insieme ad Arabia Saudita e Iran, un forte appello al governo siriano e all’opposizione affinché mettano fine alle violenze nel Paese. Intanto, sul campo, si continua a combattere. E a morire. Secondo la stima dei comitati di coordinamento locale anti-regime, ieri le vittime del conflitto sono state almeno 158. La lista delle vittime è interminabile. Il presidente siriano Bashar al-Assad, imperturbabile, continua a tirare le fila e a cambiare la compagine governativa: ieri ha nominato tre nuovi ministri alla guida dei dicasteri della Giustizia, dell’Industria e della Salute.
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