sabato 23 marzo 2013
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Una telefonata, dopo quasi tre anni di gelo: il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha chiamato al primo ministro turco Tayyip Erdogan. Una chiamata dall’aeroporto, pochi minuti prima che il presidente Barack Obama decollasse per la Giordania, e fortemente voluta in questi giorni dalla Casa Bianca. Un colloquio telefonico di una trentina di minuti per riprendere il dialogo interrotto con l’assalto di Israele alla Freedom Flotilla il 31 maggio del 2010 in cui morirono nove attivisti turchi. Una normalizzazione delle relazioni fra Israele e Turchia è stato uno dei temi al centro dei colloqui fra Obama e Netanyahu a Gerusalemme nei giorni scorsi. Nella telefonata al leader turco, Netanyahu ha chiarito che «le conseguenze tragiche della navigazione della Mavi Marmara» non sono state «premeditate». Poi Netanyahu ha ammesso «errori operativi» nell’incidente e per questo si è scusato «con il popolo turco, per ogni errore che potrebbe aver causato le perdite umane». Alle parole ha accompagnato la promessa di completare un accordo sui risarcimenti.Un riavvicinamento propiziato dunque dallo stesso Obama che pare sia intervenuto personalmente durante la telefonata: «Gli Stati Uniti – ha commentato il presidente Usa – danno un importante valore alla stretta partnership fra Turchia e Israele» e per questo motivo danno grande importanza al «ripristino di rapporti positivi fra loro per portare avanti la pace e la sicurezza». «Sono fiducioso – ha aggiunto Obama – che lo scambio odierno possa consentire una più profonda cooperazione». Sempre ieri in Turchia, all’indomani dell’appello di Ocalan per una tregua e il ritiro dei ribelli curdi, il comandante militare del Pkk Murat Karayilan ha ordinato dal Nord Iraq ai suoi uomini di fermare ogni operazione. Karayilan – riferisce la Cnn turca – non ha però fatto alcuna menzione di un ritiro dalla Turchia.​
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