giovedì 5 luglio 2012
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Zion oggi vive a Tel Aviv con il marito e una bambina di poco più di un anno. Stanno in un’unica stanza con altre sei persone nel quartiere africano vicino alla stazione dei bus. Sono profughi eritrei e nel dicembre 2010 sono stati liberati dall’inferno del Sinai da don Mosè Zerai, grazie anche alla generosità dei nostri lettori, privati cittadini, diocesi e congregazioni religiose.Da quasi due anni don Zerai, cappellano degli eritrei in Svizzera, è il riferimento per migliaia di giovani in fuga da una dittatura spietata su tutte le rotte che portano in Europa. Una è la via che parte dal Corno d’Africa e finisce nel Sinai, dove viene perpetrato uno dei più crudeli traffici di esseri umani. Nel deserto egiziano, a fine 2010, questo giornale scoprì che 250 persone erano state rapite dai predoni beduini che chiedevano oltre 5mila dollari di riscatto per liberarle.Il sequestro fu lungo, circa 180 persone vennero liberate dopo il pagamento di riscatti, di 70 si sono perse le tracce. Per ridare la libertà ad alcune donne in gravidanza, tra le quali Zion, l’agenzia di cooperazione Habeshia, presieduta da don Mosè raccolse fondi per riscattare gli schiavi. Una soluzione estrema, perché chi non poteva pagare veniva rivenduto a gang che espiantano gli organi per rivenderli sul mercato nero. In un anno e mezzo di inchiesta abbiamo scoperto le reali dimensioni dell’orrore nel quale sono incappate almeno 20mila persone torturate, detenute a lungo in grotte e case in condizioni inumane, denutrite, stuprate e schiavizzate. Il tutto raccontato quasi in diretta dai rapitori ai famigliari con telefonate drammatiche per esortarli a pagare via money transfer somme arrivate a 60mila dollari. Sono cambiati tre governi in Egitto, si conoscono i nomi dei capi predoni e dei loro complici eritrei. Ma i rapimenti continuano, oggi si calcola che siano 1.800 i prigionieri nel deserto della Bibbia. L’instancabile don Zerai paga ancora i riscatti per salvare donne e bambini schiavi e poveri. Con lui collabora l’Ong Gandhi, che cura il trasferimento al Cairo e nei campi profughi in Etiopia degli eritrei sequestrati e liberati dai Beduini, ma arrestati dalla polizia di frontiera. Nelle galere egiziane ci sono molte donne e bambini. “Gandhi” li libera e li riporta al Cairo, dove possono chiedere asilo, anche se in queste ore si sono moltiplicate le aggressioni da parte di banditi a richiedenti asilo che dovrebbero essere protetti dall’Acnur. Oppure l’Ong paga loro un biglietto per Addis Abeba. Gli schiavi del Sinai in attesa di giustizia almeno possono tornare liberi.Per donazioniHabeshia: c/c 1000205037 - Iban IT55P0760103200001000205037Gandhi: Iban IT71U0306909512088631670193
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