lunedì 23 maggio 2011
I profughi in ostaggio nel Sinai da undici mesi sono “dimenticati dalla comunità internazionale”. Dodici sono addirittura “morti sotto tortura”: a lanciare di nuovo l’appello è oggi don Mussie Zerai, presidente dell’Agenzia Habeshia, che racconta di aver parlato oggi al telefono con un gruppo di 9 ostaggi eritrei e etiopi.
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I profughi in ostaggio nel Sinai da undici mesi sono “dimenticati dalla comunità internazionale”. Dodici sono addirittura “morti sotto tortura”: a lanciare di nuovo l’appello è oggi don Mussie Zerai, presidente dell’Agenzia Habeshia, che racconta di aver parlato oggi al telefono con un gruppo di 9 ostaggi eritrei e etiopi. “In undici mesi hanno perso dodici compagni – denuncia don Zerai -, morti sotto tortura con scariche elettriche. L’ultimo a morire una settimana fa è stato un ragazzo etiope di 24 anni, Tesfaldet Aregawi”. “Dicono di trovarsi in mezzo ad un frutteto e alle case del trafficante – riferisce il sacerdote eritreo -, non lontani dal confine con Israele. La notte vedono le luci rosse lampeggianti della frontiera. Sono stati venduti ai predoni da un uomo eritreo in Sudan, che finge di dare ospitalità ai connazionali smarriti o poveri di risorse”. Tra i profughi in ostaggio vi sono un ragazzino di 15 anni e un uomo di 62 anni, che era andato in Sudan a “cercare uno dei figli e poi è finito nella trappola di questo eritreo, conosciuto come Yohannes (Wedi Batsié): risiede in Sudan e ha buoni rapporti con i trafficanti di etnia Rashiaida, con la complicità di alcune ‘mele marce’ della polizia sudanese”. Don Zerai implora uno “sforzo maggiore delle autorità internazionali, in particolare egiziane e sudanesi, per cancellare il traffico degli esseri umani dai loro territori”.
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