sabato 27 agosto 2011
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Da giorni, l’odore dolciastro della morte riempiva il quartiere di Abu Salim, a Sud di Tripoli. Il fetore di intrufolava dappertutto: nelle strade, nelle piazze, perfino nelle case. Secondo gli abitanti della zona, l’olezzo proveniva dal grande ospedale. Impossibile, però, andare a verificare. Le pallottole dei cecchini di Gheddafi – che controllavano l’area – impedivano alla gente di uscire e avvicinarsi alla clinica. Perfino i medici, gli infermieri e i parenti degli infermi hanno disertato il sanatorio per paura di finire coinvolti negli scontri.Solo ieri, quando alla fine gli insorti hanno conquistato Abu Salim, un gruppo è potuto entrare nella struttura. I ribelli si sono trovati di fronte una scena raccapricciante: centinaia di malati erano morti e i cadaveri erano rimasti abbandonati sui letti. In tutto, secondo le prime ricostruzioni, sarebbero duecento i corpi ritrovati nella struttura. «È un disastro, non ci sono più farmaci, non c’è stato il personale – racconta Mohammed Yunes, studente di medicina entrato con i rivoltosi –. Sono fuggiti per paura dei cecchini». Quello di Abu Salim non sarebbe l’unico caso. «In questi giorni, in vari ospedali della città sono morti centinaia di malati», ha aggiunto Yunes. Ben tre dei sei ospedali di Tripoli sono in zone controllate dai fedelissimi del rais che impediscono l’accesso al personale. E la situazione umanitaria nella capitale resta drammatica. I farmacisti non escono di casa e lasciano chiuse le rivendite. I medicinali ormai scarseggiano, perfino il latte per neonati. Anche i medici e gli infermieri restano blindati. Molti dottori, poi, sono fuggiti in Tunisia. I poco personale sanitario rimasto lotta contro il tempo per salvare i feriti. «Riusciamo a intervenire solo su piccole cose, da pronto soccorso. L’emergenza che abbiamo di fronte non è gestibile coi mezzi che abbiamo a disposizione», dice il dottor Esh, uno dei pochi rimasti in città.Il regime, poi, ha chiuso l’acqua, lasciando Tripoli a secco. Nessuno si ferma a raccogliere i tanti cadaveri abbandonati per le strade. Non c’è nessun sistema di raccolta o identificazione. «La gente non sa se ha perso il figlio, il padre, il fratello. Queste sono condizioni veramente miserabili», aggiunge Esh. Le armi, infine, incustodite sono alla portata di tutti, bambini compresi. Il numero dei feriti, dunque, rischia di aumentare ancora.
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