giovedì 15 febbraio 2018
Ma il primo «nemico» del governo di Budapest è George Soros, il miliardario americano-ungherese che sostiene Ong e istituzioni culturali. Lo accusano di volere l'invasione islamica del Paese
Budapest. Manifesto contro Soros, accusato di volere invadere l'Ungheria con i migranti (Ansa)

Budapest. Manifesto contro Soros, accusato di volere invadere l'Ungheria con i migranti (Ansa)

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La concomitanza dei tempi non è casuale. A meno di due mesi dalle elezioni dell’8 aprile, il governo di Budapest ha deciso di “alzare il tiro” contro il «nemico pubblico» George Soros e ciò che rappresenta nell’immaginario orbaniano. Da tempo, il partito al potere, Fidesz, agita lo spettro del miliardario americano-ungherese, dipinto come il responsabile di un piano per favorire l’immigrazione islamica di massa. Ora Viktor Orban ha deciso di passare al “contrattacco”.

Con un pacchetto di misure, presentate ieri al Parlamento, dal nome eloquente: “Stop Soros”. Il progetto di legge prevede una stretta vigorosa nei confronti delle Ong impegnate nell’aiuto dei migranti. Queste sono considerate, in base alla «retorica nazionalista di Fidesz» (come la definisce l’opposizione), «agenti stranieri» o, nel migliore dei casi, complici inconsapevoli del citato Soros. Per tale ragione, se la normativa verrà approvata, la loro attività verrà drasticamente ridotta. Tutte le organizzazioni non governative attive nell’assistenza a profughi e rifugiati, in base al testo, dovranno ricevere l’approvazione del ministero dell’Interno.

L’obbligo di registrarsi era stato già imposto l’anno scorso. Ora, però, si chiede una vera e propria autorizzazione per operare. Un atto affatto formale. Le autorità hanno la facoltà di rifiutarglielo quando le reputi «un rischio per la sicurezza nazionale». Come pure potranno impedire loro l’accesso alle zone di frontiera, obbligandole a tenersi a una distanza di otto chilometri dai confini. Le Ong che cercheranno di aggirare il divieto, potranno essere addirittura sciolte dalle autorità. Non solo.

Al fine di scoraggiare gli “interventi stranieri”, le donazioni dall’estero saranno tassate al 25 per cento. Immediata la reazione delle Ong. Il Comitato Helsinki ungherese – uno dei principali destinatari dei finanziamenti di Soros – ha definito «inaccettabile» la bozza. Ma anche enti non sovvenzionati dal magnate – da Amnesty International al Consiglio d’Europa – hanno espresso forti perplessità. «Il governo ungherese si oppone all’immigrazione illegale in ogni modo. Dobbiamo garantire la sicurezza dei cittadini», ha replicato Budapest.

Nella stessa linea, l’annuncio del possibile ritiro dell’Ungheria dai negoziati sul Patto globale sulle migrazioni, in preparazione all’Onu. A irritare il capogruppo parlamentare del Fidesz, Gergely Gulyas, il carattere positivo che, nel documento, le cui linee guida sono state presentate in via riservata la settimana scorsa, viene attribuito agli spostamenti di esseri umani. «Per noi è un fenomeno negativo ed è un rischio per la sicurezza», ha affermato.

La bozza iniziale del documento è stata, invece, accolta favorevolmente dalla Santa Sede. L’osservatore permanente all’Onu di Ginevra, monsignor Ivan Jurkovic, ha suggerito di introdurre il diritto di migranti e rifugiati alla libertà religiosa e di predisporre meccanismi per tutelare l’unità delle famiglie.

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