mercoledì 4 luglio 2012
«Raggiunti tre Obiettivi del Millennio». Secondo lo studio, nel mondo c’è meno miseria e l’accesso all’acqua è aumentato. Alcuni però dubitano della metodologia utilizzata.
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​Sulla carta, i numeri raccontano una storia di successo. Tre fra gli obiettivi anti-povertà del Millennio fissati nel 1990 sono stati raggiunti: nel mondo c’è meno miseria, alcuni abitanti delle peggiori baraccopoli della Terra vivono meglio e l’acqua potabile non è più un lusso irraggiungibile per il 90 per cento degli abitanti del Pianeta. Ma gli stessi esperti nelle Nazioni Unite che hanno steso l’ultimo rapporto annuale sui “Millennium goals” invitano a leggere le percentuali con realismo. «Sono un po’ scettico sull’affidabilità di queste informazioni – commenta Jomo Kwame Sundaram, ex assistente del segretario generale dell’Onu per lo sviluppo economico – come si spiega una situazione dove la povertà cala ma la fame sembra aumentare?». E poi siamo in un contesto di crisi che si sta estendendo su scala globale, mentre negli ultimi anni anche la speculazione sui mercati delle materie prime e cali di produzione agricola hanno portato a un’impennata dei prezzi e rivolte del pane. Però alcuni Paesi molto popolosi, dalla Cina al Brasile, continuano a crescere a ritmi elevati e la crisi sembra avere un effetto «redistributivo». I dati raccolti da 25 agenzie umanitarie internazionali – all’interno e all’esterno della rete Onu – e confluiti nel rapporto di quest’anno dipingono un quadro complesso e a volte contraddittorio. Stando al documento, circa un quarto della popolazione globale viveva con meno di un dollaro e 25 centesimi al giorno nel 2008 (l’ultimo anno per il quale si hanno dati). Erano il 47% nel 1990, e di questo passo scenderanno al 16% nel 2015, pari a un miliardo di persone. L’obiettivo del millennio si può dire quindi raggiunto con due anni di anticipo. Ma la soglia del dollaro e un quarto scelta dalla Banca mondiale e adottata dall’Onu appare sempre più arbitraria e conveniente. Se in alcuni Paesi, come India e Africa, segna ancora il passaggio cruciale dalla fame all’indigenza, in molti altri, come Cina e Brasile, non ha più alcun significato e andrebbe triplicata. Anche la metodologia della conta dei poveri desta qualche sospetto. Per ammissione del Palazzo di vetro, molti Paesi sottosviluppati non sono in grado di condurre censimenti, e affidano il monitoraggio dello sviluppo ad agenzie internazionali che non sempre setacciano il territorio, basandosi invece su modelli matematici. Infine, come le stesse Nazioni Unite dicono da anni, il reddito non è l’unica misura della povertà quando non si ha accesso a fonti affidabili di cibo o ad abitazioni sane. L’acqua sembra aver fatto segnare i progressi meno controversi. Nel 1990 solo il 76% della popolazione mondiale poteva attingere quotidianamente a fonti di acqua potabile. Il numero è cresciuto all’89% nel 2010 e le stime indicano che fra tre anni il 92% della popolazione globale sarà al riparo dalle malattie letali causate da acqua contaminata. Un risultato importante soprattutto per i suoi effetti sulla mortalità infantile. Non a caso negli ultimi vent’anni i decessi fra i bambini sotto i 5 anni è calato notevolmente, passando dai 12 milioni nel 1990 ai 7 milioni e mezzo nel 2010, nonostante l’aumento della popolazione globale. Più in chiaroscuro è la pagella sull’obiettivo del millennio che si propone di migliorare le condizioni di vita di 100 milioni di abitanti dei peggiori “slum”. Stando al rapporto Onu, il numero delle persone che ha ricavato una casa di fortuna fra i rifiuti della metropoli più vicina è diminuito dal 39 al 33 percento della popolazione urbana (che a sua volta rappresenta circa la metà del totale). Ma se la percentuale è scesa, il numero totale di persone che gonfia le baraccopoli di Calcutta come di Rio è cresciuto negli ultimi dodici anni, a causa della tendenza verso l’urbanizzazione della popolazione. Di conseguenza, oggi 863 milioni di persone affollano gli slum in condizioni estreme. Erano 760 milioni alla svolta del millennio. Altri obiettivi sono ancora lontani dall’essere raggiunti, anche sulla carta. Il numero di morti da parto, ad esempio, pur essendosi dimezzato dal 1990, rimane ancora alto. «Anche se in alcuni ambiti si sono registrati progressi – conclude il rapporto – nel 2015 il nostro lavoro sarà lungi dall’essere finito».
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