venerdì 4 novembre 2016
Il presidente ancora in campo in uno degli Stati più cruciali, dove Trump è in vantaggio di 0,2 punti. A livello nazionale la democratica è avanti solo di 1,7 punti
Obama in Florida: «Se la mia Hillary vince qui è fatta»
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«Se vinciamo la Florida, vinciamo le elezioni». Sorvolando sui sondaggi che a livello nazionale danno in risalita Donald Trump contro Hillary Clinton, il presidente Usa Barack Obama è sceso nell’arena elettorale di uno degli Stati più cruciali per la vittoria delle presidenziali di martedì prossimo. Nel corso di un evento a Miami, Obama si è rivolto soprattutto ai giovani: «Avete la chance di fare la storia», ha detto, riferendosi alla fatto che Hillary sarebbe il primo presidente donna degli Stati Uniti. «Queste chance non capitano spesso – ha osservato Obama –. Ci sono momenti in cui si possono migliorare o peggiorare le cose e questo è uno di quei momenti, vi chiedo di credere nella vostra capacità di cambiare le cose: è gioco la decenza, la giustizia, è in gioco la democrazia. Hillary Clinton ci porterà avanti se ci crederete».

Solo la tendenzialmente democratica California (55) e il tradizionalmente repubblicano Texas (38) assegnano un numero maggiore di grandi elettori rispetto ai 29 della Florida. Per questo il popoloso “Sunshine State” è uno spartiacque importante: per arrivare alla maggioranza di 270 grandi elettori bisogna vincere qui. È importante per Hillary, che vincendo negli Stati già considerati a lei favorevoli e aggiungendovi la Florida, oggi in bilico, darebbe scacco matto al magnate. Ma sarebbe ancora più importante per Trump, perché senza quei 29 grandi elettori rischierebbe di non bastare nemmeno una sua vittoria in tutti gli altri Stati chiave. Ecco perché Obama, con il suo intervento di ieri, ha provato a prosciugare il baci- no elettorale del miliardario. Hillary Clinton «mi ha reso un presidente migliore – ha detto l’attuale inquilino della Casa Bianca a proposito del suo ex segretario di Stato –. Sarà un presidente intelligente e saldo per gli Stati Uniti».

A livello nazionale il vantaggio di Clinton su Trump è sceso a 1,7 punti, secondo il sito specializzato RealClearPolitics che fa la media dei principali sondaggi: la candidata democratica è ora al 47%, Trump al 45,3%. Un dato che in realtà, considerato il sistema elettorale Usa basato sui grandi elettori a livello statale, serve solo a dare un termometro generale. Andando a guardare la situazione nei principali Stati in bilico, infatti, Trump ha ancora da recuperare sulla democratica. In Florida, però, la media dei sondaggi gli assegna uno 0,2 per cento di vantaggio. Per battere Trump nel “Sunshine State”, Clinton punta soprattutto sull’affluenza dei giovani, visto che i votanti tra i 18 e i 34 anni sono diventati il gruppo elettorale numericamente più consistente. Ma a livello nazionale, segnalava ieri il Washington Post, potrebbero essere le donne bianche e più istruite a darle la vittoria finale. In questo gruppo elettorale – che nel 2012 ha votato al 52 per cento per il repubblicano Mitt Romney – la democratica è avanti di 27 punti su Trump, che dal canto suo è in vantaggio dell’11 per cento tra gli uomini.

Per recuperare consensi anche tra le donne, dopo il crollo seguito alla diffusione del suo video sessista del 2005, Trump ha schierato ieri a Filadelfia anche la moglie Melania, alla sua prima apparizione pubblica dopo il disastroso discorso alla Convention repubblicana, in parte copiato a Michelle Obama. Lo staff di Trump ha poi condannato ieri con decisione il rogo e gli atti di vandalismo condotti contro una storica chiesa afroamericana a Greenville, nel Mississippi. Sulle mura dell’edificio era stato scritto con vernice spray «Vota Trump». Il miliardario ha dovuto infine subire ieri l’attacco, affidato a una lettera aperta, da parte di 370 economisti, tra cui otto premi Nobel. Votare per Donald Trump sarebbe «una scelta pericolosa e distruttiva per il Paese» e per questo «è fortemente raccomandato » non scegliere lui alle elezioni per la Casa Bianca, hanno scritto gli esperti, secondo cui una vittoria del magnate sarebbe «un rischio per l’economia». A “spaventare” sono soprattutto le sue idee su scambi commerciali, manifatturiero, sistema fiscale e immigrazione.

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