martedì 31 gennaio 2012
​Intesa a 25 sul Fiscal compact: la Repubblica Ceca non firma. All’incontro europeo arriva la firma (ormai scontata) sul nuovo Trattato che fissa le regole della disciplina fiscale  e lancia il nuovo fondo salva-Stati. È comunque una vittoria dei tedeschi, ma le norme sono state molto ammorbidite per ottenere il massimo del consenso. E dopo il no annunciato di Londra, una defezione a sorpresa.
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​Disciplina di bilancio «scolpita nella pietra», ma anche la consapevolezza che, da sola, questa disciplina «non è sufficiente» e che «occorre fare di più per superare la crisi». È il doppio segnale giunto ieri da Bruxelles, al summit straordinario dei leader Ue che ha visto l’intesa finale sul testo sia sul Fiscal Compact, il nuovo Trattato sulla disciplina di bilancio, sia su una dichiarazione che apre all’urgenza di rilanciare la crescita. E, da non dimenticare, anche il via libera ormai scontato del Trattato che istituisce l’European Stability Mechanism (il meccanismo permanente salva-Stati, che entrerà in vigore il primo luglio prossimo), anche se si dovrà aspettare marzo per sapere quale sarà l’effettiva disponibilità.«È stato un vertice ricco di risultati», ha esultato il cancelliere tedesco Angela Merkel. Un «primo passo verso un’unione fiscale che certamente rafforzerà la fiducia nella zona dell’euro», ha detto anche il presidente della Bce, Mario Draghi. L’accordo sul Fiscal Compact è stato un po’ meno facile del previsto, e oltretutto scende a 25 Stati membri, visto che alla fine, oltre Londra, si è sfilata anche Praga. Difficoltà ha creato a lungo l’impuntatura della Polonia, che fino all’ultimo insisteva affinché anche i Paesi fuori dell’area euro firmatari del Patto fiscale potessero partecipare ai vertici dell’eurozona, paventando una «divisione dell’Europa». Alla fine si è trovata un formula secondo la quale ai Paesi non euro sarà dedicato un eurosummit ad hoc. Si è inoltre assistito a una nuova levata di scudi – senza successo – della Bce, della Commissione Europea e di alcuni Stati "rigoristi", capeggiati dall’Olanda, per includere anche il parametro del debito, oltre a quello del deficit nell’art.7 del Trattato, dedicato al meccanismo delle sanzioni. Alla fine l’accordo è arrivato con i punti che stavano più a cuore alla Germania, sia pure con qualche addolcimento: passa anzitutto lo stretto vincolo tra ratifica del Trattato e possibilità di accedere agli aiuti dell’Esm e passa l’obbligo del pareggio di bilancio (massimo lo 0,5% del Pil di deficit primario) se non nella Costituzione, almeno in modo «permanente» nella legislazione nazionale. Il tutto con la possibilità di deferire uno Stato inadempiente, da parte di un altro Stato membro, davanti alla Corte di giustizia Ue, con un’ammenda fino allo 0,1% del Pil. Entro marzo andranno chiariti ultimi elementi "tecnici". Il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz ha definito «sbilanciato» il nuovo Trattato: troppa disciplina e poca crescita. Lo sanno anche i leader, che hanno rilasciato una dichiarazione per ora a 26 (c’è Londra, ma non, per ora, Stoccolma, in attesa del parere del Parlamento) proprio sulla crescita. «Dobbiamo modernizzare le nostre economie e rafforzare la nostra competitività per assicurare una crescita sostenibile», affermano i leader. «Se non siamo in grado di crescere – ha avvertito il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, che ha parlato di un peggioramento dell’economia rispetto a 6-12 anni fa –, allora tutto il sacrificio del consolidamento fiscale non avrà successo, e avremo da affrontare conseguenze non solo politiche ma anche sociali». Lo strumento principale, a livello europeo, è «una migliore mira dei fondi disponibili Ue verso occupazione e crescita, all’interno dei tetti di bilancio». Si guarda ai giovani, ma anche al mercato unico, di cui si chiede il completamento con il via libera al brevetto europeo entro il giugno 2012, e anche il sostegno alle piccole e medie imprese, definite «la spina dorsale» dell’Europa. Per loro si potranno usare fondi Ue non ancora erogati, magari rafforzando la Banca europea degli Investimenti per consentirle un maggiore impegno alle Pmi.
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