giovedì 30 aprile 2015
Scontri a Kathmandu: manca il cibo, aiuti in ritardo. Ancora dispersi 3 italiani
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Assediati dalla paura, tormentati dall’ansia di conoscere la sorte dei parenti lontani, stremati dalla mancanza di cibo e acqua, esasperati dalla lentezza (e in alcuni casi, dall’assenza totale) dei soccorsi. Dopo il disastro che ha messo in ginocchio il Paese – con il bilancio ancora parziale dei morti che ha raggiunto quota 5.300, 10mila i feriti –, esplode la rabbia nei nepalesi. Quattro giorni dopo il sisma, Kathmandu è una polveriera: nella notte tra martedì e mercoledì a migliaia si erano radunati vicino alla stazione delle corriere, poco distante dal Parlamento, nella speranza di riuscire a partire verso altre località del Paese. Quando si sono accorti che non c’era traccia delle 250 corse supplementari promesse dal governo per favorire gli spostamenti, ci sono stati scontri con i poliziotti in tenuta antisommossa. Non solo: almeno 340mila persone sono in fuga dalla valle, per paura di nuove scosse. Nella giornata di ieri, 66mila persone hanno lasciato la valle, la zona più colpita dal devastante sisma di sabato e che conta 2,5 milioni di persone. Gli sfollati del distretto di Dolakha hanno appiccato il fuoco agli uffici distrettuali mentre il capo del distretto di Sindhupalchowk è fuggito dopo le proteste. Anche il premier, Sushil Koiral, in visita a un ospedale di Kathmandu, è stato contestato. Tra gli errori rimproverati al governo, c’è anche quello di aver chiesto ai Paesi che si erano offerti di non inviare più team di soccorritori e medici, in quanto erano sufficienti le risorse già presenti sul territorio. Il Centro nazionale per le operazioni di emergenza nepalese (Neoc) ha fatto sapere che per far fronte al dramma dei senzatetto dovuti al terremoto di sabato «servono 500.000 tende» in tutto il Paese, mentre fino ad ora «ne sono state distribuite solo 4.700». L’Onu, ha poi fatto sapere, che servono 415 milioni di dollari nei prossimi tre mesi per finanziare gli aiuti più urgenti. Il presidente Barack Obama ha assicurato il sostegno degli Usa al Nepal. Le scosse sono diminuite in modo significativo, ma centinaia di migliaia di persone continuano a dormire in strada, perché le loro case sono distrutte o gravemente danneggiate. Il governo ha ammesso di essere stato travolto dall’enormità della catastrofe: «Ci sono stati alcuni punti deboli, ma il disastro è stato così enorme che non siamo stati in grado di rispondere alle attese», ha detto il ministro delle Comunicazioni, Minendra Rijal Kantipur.  I primi elicotteri dei soccorsi sono riusciti ad atterrare nelle più remote zone di montagna. In altre zone, dove neanche gli elicotteri riescono ad atterrare, l’esercito ha cominciato a farsi strada via terra, inerpicandosi lungo sentieri sassosi, minacciati da frane e colpi di detriti. Ma non solo devastazione. La speranza riesce a bucare la coltre di dolore che sembra esseri posata sul Nepal. Con due “miracoli”. Un uomo di 28 anni è stato estratto dalle macerie di un hotel di Kathmandu a 82 ore dal sisma di sabato. Rishi Khanal è sopravvissuto bevendo la sua urina, e continuando a battere sulle maceri nella speranza di farsi sentire dalle squadre dei soccorritori. Khanal è rimasto intrappolato con un piede schiacciato dalle macerie. Il salvataggio, a opera di una squadra di soccorso francese, è stato filmato e postato su Facebook. «Avevo perso le speranze – ha raccontato Rishi – ero certo di morire ma ho continuato a battere e alla fine qualcuno ha risposto». Ma non basta: un neonato di quattro mesi è stato trovato vivo dopo essere rimasto per 22 ore sepolto sotto le macerie. Per quanto riguarda gli italiani, mentre iniziano a rientrare i primi scampati al disastro, la Farnesina ha reso noto che sono stati rintracciati altri sette italiani: il numero degli irreperibili è sceso a tre. 
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