domenica 12 luglio 2020
Americani e britannici entrano in forza nel mare di Barents, dominio russo e zona iper-militarizzata I cinesi premono: la riduzione della banchisa mette fuori uso i vecchi impianti e apre nuove rotte
Nell'Artico si sciolgono i ghiacciai ma la guerra è sempre più fredda

Ansa

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È guerra geostrategica nell’Artico che si scioglie. Una corsa irrefrenabile si è scatenata intorno alle risorse dell’Oceano più settentrionale del pianeta. Un saccheggio favorito dal cambiamento climatico, esiziale qui più che altrove. Dal 1979, la banchisa polare ha perso oltre il 42% della sua superficie.

La Groenlandia sta fondendo a un ritmo impressionante: negli anni 70 aveva accantonato in media 47 miliardi di tonnellate (gigatonnellate) di ghiaccio l’anno, perdendone altrettante negli anni 80 e negli anni 90. Il declino si è galvanizzato con l’inizio del nuovo millennio: meno 187 gigatonnellate l’anno negli anni 2000 e meno 286 gigatonnellate l’anno dal 2010 in poi. Un’erosione che ha aperto allo sfruttamento superfici marine e terrestri inaudite. Mentre il permafrost sgela, gli ecosistemi fibrillano. Russi e cinesi fiutano comunque l’affare, imperterriti. Prospezioni, petrolio e materie prime fanno gola.

Gli impianti sono ormai finiti in mare, nel passaggio di nord-est. Qualcosa si muove anche a nord-ovest, alimentando un clima di nuova Guerra fredda. Le grandi potenze inforcano le armi, sfidandosi in pericolosi giochi di guerra. Francesi, americani e britannici brandiscono le unità navali migliori per rivendicare libertà di navigazione. A maggio, le marine statunitensi e britanniche sono entrate in forza nel mare di Barents, che la Russia credeva ormai un lago domestico. Il messaggio è chiaro.


399
sono stati i transiti di mercantili nell’Artico canadese nel 2018. Erano stati soltanto 89 nel 1990

90 miliardi
sono i barili di petrolio stimati nell’Artico; 47.290 i miliardi di metri cubi di gas naturale

+ 134%
l’aumento annuo del commercio navale a corto raggio nell’Artico (2011-2019): +15% anche nella pandemia

La Nato sta tornando a presidiare il fianco più settentrionale dell’Alleanza. Mentre Trump divelle l’asse con la Germania e decurta i fondi di deterrenza europei, risponde noncurante alle pretese russe. Forza la mano. Mosca rivendica diritti sovrani sulla rotta artica di nord-est, che considera un giardino di casa, troppo vicina alle sue coste, vulnerabili. Esige che tutte le navi militari chiedano un’autorizzazione preventiva per transitare nelle acque nordiche. Vuole un preavviso di 45 giorni, grado e nome del comandante della nave, nazionalità della bandiera, durata e ragione del transito. Vorrebbe imporre la presenza obbligatoria a bordo di un pilota russo e l’assistenza eventuale di un rompighiaccio con la stella rossa. Trump non ne vuole sentire. Il vice assistente del segretario per gli affari europei ed euroasiatici al dipartimento di Stato, Michael Murphy, è stato chiaro: «Il fianco nord della Nato esige nuovamente l’attenzione degli Usa e dei loro alleati».

Gli americani hanno marines in Norvegia. Hanno rieletto l’Islanda a nuovo perno verso l’Artico. Torna in auge l’asse Groenlandia- Regno Unito, fitto di basi, velivoli e uomini per sorvegliare l’andirivieni dei sommergibili nucleari e da spionaggio di Mosca. L’Artico fa gola. Il passaggio nord-orientale registra un traffico crescente: 71 navi nel 2013, 18 nel 2015 e 27 oggi. Trump vuole tenerlo a bada. Ha ordinato una flotta di navi rompighiaccio, operativa e proiettabile entro il 2029. Ha chiesto un rapporto urgente entro 60 giorni.

Rompighiaccio nella regione del Polo Nord

Rompighiaccio nella regione del Polo Nord - Ansa

A breve, gli americani puntano a dotarsi di una rete di basi artiche: «Almeno due nel territorio statunitense e non meno di altre due all’estero». Saranno basi miste, della Guardia Costiera e del Pentagono. Riaprirà la base di Adak, in Alaska, inaugurata nella seconda guerra mondiale e chiusa nel 1997. È una rincorsa mozzafiato, perché i russi pensano in grande. Stanno cablando in fibra ottica tutta la costa siberiana e artica, per non lasciarsi sfuggire nemmeno un battito d’ali di una farfalla. Dominano gli abissi. Battono tutti i record.

Per la prima volta nella storia, hanno lanciato un gruppo di parà da 10mila metri di quota nella Terra di Alessandra, a meno di mille chilometri dal Polo Nord. Mosca punta più in alto ancora. Puntella l’area con sei basi, fornendole di cacciabombardieri, sistemi antiaerei, radar, droni, elicotteri e cingolati anfibi. Armerà le 240 navi della divisione artica della Flotta del Nord con missili S-400. Vuole uno scudo antiaereo artico impenetrabile.

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