lunedì 20 giugno 2011
La Nato ammette di aver provocato la morte di alcune persone - tra cui due bambini - nell'ultima incursione sulla capitale libica. Il presidente della Repubblica ribadisce l'impegno italiano. Frattini: la Nato è alla prova della sua credibilità. Maroni: ridiscutere il nostro intervento.
COMMENTA E CONDIVIDI
La Nato ammette di aver ucciso alcuni civili nel suo ultimo raid su Tripoli. Forse un malfunzionamento tecnico, si legge nel comunicato uscito nella tarda serata di domenica sul sito dell'Alleanza. È l'epilogo di un intervento che, stando al regime libico, ha provocato la morte di nove persone, fra cui due bambini, e il ferimento di altre 18. Tutti civili. Il comunicato ribadisce che l'obiettivo prescelto era un sito missilistico situato nella capitale libica. «Sembra che un'arma non abbia però raggiunto l'obiettivo prestabilito - si afferma anche - e che un malfunzionamento di sistema possa avere provocato alcune vittime civili». I reporter presenti sul posto, avevano potuto vedere e raccontare di una casa distrutta, in una quartiere orientale della capitale, due corpi estratti dalle macerie. I locali denunciavano la morte di un'intera famiglia. Un uomo del posto chiedeva: «Perché la Nato ci fa questo?». E la Bbc aveva sostenuto che non sembrava, stavolta, una messa in scena. È stato impossibile, però, nonostante la presenza della stampa internazionale - come sottolineato da diverse testate - accertare come fossero andate effettivamente le cose.La Nato ha assicurato, in una prima comunicazione ufficiale, di voler «continuare a indagare» sugli esiti del bombardamento. Poi, dopo alcune ore, l'ammissione dell'errore. Il generale Charles Bouchard, il comandante in capo dell'operazione Unified Protector, ha detto che l'Alleanza «esprime il proprio rammarico per la perdita di vite innocenti», ribadendo che nell'attuale campagna è sempre stata posta la massima attenzione nel «condurre attacchi contro un regime deciso a usare la violenza contro i propri cittadini».
 
La casa che hanno visto i reporter in mattinata, si trovava, in effetti nel quartiere di Souk Al Juma, a un chilometro di distanza, sempre secondo la Bbc, da un campo d'aviazione militare diverse volte bersaglio dei raid dell'alleanza. «Un attacco sferrato deliberatamente contro le case civili», per il viceministro degli Esteri del regime Kalhed Kaim. Al quale aveva in un primo momento replicato l'Alleanza: «La Nato si rammarica per ogni perdita di vita umana e sta facendo tutto il possibile per proteggere la popolazione libica dall'ondata di violenza scatenata dal regime di Gheddafi. Ogni missione è pianificata con un altissimo livello di cura e precisione». Sono 4.400 missioni compiute finora, l'ulteriore precisazione. Il raid col quale si riconosce adesso di aver commesso un errore, è arrivato il giorno dopo una prima ammissione: la Nato aveva già dovuto chiedere scusa per aver colpito erroneamente una colonna di ribelli nella regione di Brega, dove sono rimasti feriti, tre giorni fa, 16 combattenti.
 
Anche sul fronte opposto, fra i ribelli, oggi si sono segnalate nuove vittime oggi: 9 insorti sarebbero rimasti uccisi e sono 51 i feriti segnalati in un attacco di artiglieria da parte delle forze governative a ovest di Misurata. La città che si affaccia sul mare che Gheddafi voleva cambiasse colore, immaginandolo «rosso sangue», secondo quanto rivelato da alcuni documenti shock divulgati dall'Observer. Materiale sufficiente per le incriminazioni di Gheddafi al tribunale dell'Aja, secondo un investigatore dei crimini su Misurata citato dal giornale. Sul campo rovente della guerra, è arrivato come una speranza il messaggio del segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, intervenuto ieri a un vertice internazionale al Cairo, in videoconferenza. «Pur mettendo in chiaro che un accordo è ancora lontano, il segretario generale ha indicato che le premesse di un processo negoziale sono attualmente in corso sotto l'egida del suo inviato speciale in Libia Abdul-Ilah Al-Khatib», ha detto a New York il portavoce delle Nazioni Unite Martin Nesirky.NAPOLITANO: NOSTRO IMPEGNO RESTARE SCHIERATI«È nostro impegno, sancito dal Parlamento, restare schierati in Libia con le forze di altri Paesi che hanno raccolto l'appello delle Nazioni Unite». Lo ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel corso della celebrazione della Giornata mondiale del rifugiato.FRATTINI: LA NATO ALLA PROVA DELLA SUA CREDIBILITA'«La Nato è alla prova della sua credibilità» in Libia. «Non si può correre il rischio di uccidere civili». Lo ha detto il ministro degli esteri Franco Frattini, parlando ai giornalisti al suo arrivo al Consiglioesteri a Lussemburgo. «Ogni giorno ci sono defezioni, ogni giorno ci sono risultati positivi per la protezione dei civili», ha detto Frattini parlando della missione in Libia. «C'è una stampa internazionale che dovrebbe mettere in luce le atrocità di Gheddafi, a cominciare dagli stupri di massa e quindi mettere in evidenza la necessità di un intervento a protezione dei civili», ha aggiunto il ministro. «Ma c'è un punto molto chiaro: la Nato è alla prova della sua credibilità», ha rimarcato il capo della Farnesina. «Non si può correre il rischio di uccidere civili, ma non si può neppure avere una carenza continua di informazione all'opinione pubblica che non contrasta la propaganda mediatica quotidiana di Gheddafi. Questo è qualcosa su cui la Nato deve riflettere», ha sottolineato Frattini.MARONI: RIDISCUTERE L'IMPEGNO ITALIANOIl ministro dell'Interno Roberto Maroni ritiene che l'impegno militare italiano in Libia vada seriamente ridiscusso dal momento che i risultati di tre mesi di missione Nato sono discutibili. «La Nato ha fondi illimitati per cercare Gheddafi, ma dopo tre mesi... il risultato è che noi abbiamo preso 18mila persone», ha detto Maroni nel corso di un convegno a Roma, commentando i risultati della missione Nato e l'ondata di migranti arrivati recentemente dal Nord Africa sulle coste italiane. «Andiamo avanti all'infinito, bombardando dove capita? Per poi prenderci profughi, che vanno gestiti?», ha aggiunto Maroni, che ha poi precisato: «Non sono un pacifista... non critico l'intervento militare in quanto tale, ma per il risultato». Parlando della scadenza del 30 giugno, quando il Parlamento deve decidere se rinnovare le missioni militari, Maroni ha detto: «Vogliamo discutere laicamente dei risultati di queste missioni... i soldi potrebbero essere sfruttati, per esempio, per i nostri poliziotti anziché per i militari».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: