venerdì 4 dicembre 2015
I nomi e le storie delle 14 persone che hanno perso la vita nella sparatoria di mercoledì nel centro per disabili.
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Sono sei uomini e otto donne le vittime dell'assalto armato di mercoledì contro un centro disabili a San Bernardino, in California. È il bilancio diffuso dalle autorità statunitensi, che hanno reso note le generalità di tutte le quattordici vittime.La vittima più giovane della furia omicida di Syed Rizwan Farook e Tashfeen Malik, marito e moglie di origine pachistana, aveva 26 anni, la più anziana 60. 12 erano impiegati pubblici, un altro era un pensionato.Questi i nomiShannon Johnson, 45. Viveva nella Koreatown di Los Angeles con la fidanzata e si svegliava tutte le mattine all'alba per raggiungere il centro di San Bernardino. La fidanzata Mandy lavora per il sindaco.Bennetta Bet-Badal, 46, Rialto. Fuggita dall'Iran a 18 anni per sottrarsi alle persecuzioni anti-cristiane successive alla rivoluzione. Su GoFundMe è stata creata una pagina per raccogliere denaro per i suoi bambini. (https://www.gofundme.com/y2d8bn7w). Bet-Badal era sposata con Arlen Verdehyou, un poliziotto, avevano 3 figli di 10, 12, and 15. Era una ispettrice per il dipartimento di salute di San Bernardino.
Aurora Godoy, 26, San Jacinto. Moglie e madre di un bambino di 2 anni, Alexander. 
Isaac Amanios, 60, Fontana. Larry Kaufman, 42, Rialto. gestiva un coffee shop.Harry Bowman, 46Yvette Velasco, 27Sierra Clayborn, 27 Robert Adams, 40. Sposo, padre di una figlia. Amava giocare ai videogiochi e discutere di politica. Nicholas Thalasinos, 52. Era un ispettore sanitario. Lui e la moglie erano ebrei messianici. Tin Nguyen, 31, Santa Ana. Era conosciuta per il suo sorriso e la sua allegria.Juan Espinoza, 50, Highland
Damian Meins, 58, Riverside
Michael Wetzel, 37, Lake Arrowhead. Lascia la moglie e sei figli da 1 a 14 anni. Quei minuti interminabili di paura (di Loretta Bricchi Lee)Quando l’allarme all’interno dell’Inland Regional Center di San Bernardino, istituto che offre servizi per persone mentalmente disabili, ha iniziato a squillare, Garrett Lacroix ha intuito qualcosa e ha mandato immediatamente un messaggino al padre. Che ha capito e ha risposto subito: «Nasconditi, spegni il cellulare o abbassa tutta la suoneria, non fare il minimo rumore». Storie come queste cominciano a emergere in queste ore assieme a quelle delle vittime. «Ho appena saputo che mio cugino è tra le vittime, sto così male in questo momento», ha scritto su Twitter Nat Behre, giocatore dei Giants. Un’altra delle persone uccise, invece, si chiama Michael Wetzel, 37 anni, specialista sanitario della contea e padre di sei figli. Immediatamente è partita una gara di solidarietà online per raccogliere fondi per la famiglia dell’uomo. Dopo la sparatoria, la moglie Renee aveva mandato un messaggio disperato agli amici per sapere se avevano notizie del marito che era al lavoro nel centro. Poi, otto ore dopo, ha ricevuto la notizia che anche lui era morto. Tra le vittime c’è anche Nicholas Thalasinos, 52 anni, un ex ispettore sanitario. Da parte loro i sopravvissuti alla strage raccontano gli interminabili minuti di paura dentro il gigantesco edificio. Minuti rimasti “scritti” negli sms dei cellulari. La figlia di Terry Petit appena ha sentito i colpi si è aggrappata al telefonino: «C’è stata una sparatoria qui – ha scritto alla mamma –. Stiamo aspettando che gli agenti intervengano e fermino il colpevole. Prega per noi». Altrettanto terrificante la chiamata intercorsa tra Gabriel Torres e la moglie avvenuta proprio all’inizio della sparatoria. La donna ha cominciato a raccontare al marito quello a cui stava assistendo nascosta sotto la scrivania. Angoscia, poi, per Debbie Alvarado: sua figlia Michelle le ha fatto sapere con un messaggino di essere stata colpita da un proiettile a un fianco e di essere con un gruppo di persone che facevano finta di essere morte per evitare ulteriori colpi. È stata Sandra Wood, il direttore dell’adiacente scuola per ciechi, a riconoscere i primi scoppi come quelli di un arma da fuoco, lei a capire che un breve intervallo dopo una prima raffica era solo un “tempo tecnico”, quello per ricaricare i fucili.
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