domenica 17 novembre 2019
Poco prima che si celebrasse il matrimonio con un uomo con il doppio dei suoi anni ha trovato la forza di ribellarsi e denunciare
Nandhini: «Sono sfuggita alle nozze forzate, ora aiuto le altre ragazze»
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La vita di Nandhini, nata e cresciuta nello Stato indiano del Tamil Nadu, è cambiata drasticamente il 18 luglio 2017. Non nel senso, però, che la famiglia immaginava. Il giorno successivo, la quattordicenne avrebbe dovuto lasciare la casa della zia – che l’aveva accolta dopo la morte della madre – per unirsi al marito. Poco importava che quest’ultimo avesse il doppio dei suoi anni e che la ragazza non avesse alcuna voglia di sposarlo. I parenti erano irremovibili: mantenere la nipote era un costo che non potevano più accollarsi. I desideri di Nandhini non contava- no. «Non volevo sposarmi, speravo solo di continuare a studiare ».

Quella sera, già truccata e vestita per la cerimonia preliminare al tempio, chiusa nella sua camera, Nandhini piangeva. Le lacrime cadevano sulla copertina dei libri che, da allora, sarebbero rimasti chiusi per sempre. È stato in quel momento che, da un volume, è caduto un volantino. L’insegnante l’aveva distribuito alla classe qualche settimana prima. Parlava di Childline 1098: una linea telefonica creata da Terre des Hommes per consentire alle ragazzine di denunciare abusi, violenze e matrimoni forzati. «In quel momento ho pensato al mio sogno di costruirmi, con lo studio, un futuro migliore. Avevo vissuto sulla mia pelle la prigione di sofferenza in cui un marito violento e irresponsabile aveva chiuso la mia mamma.

L’avevo vista piangere così spesso. E, ogni volta, mi promettevo che avrei avuto una vita diversa. Una vita libera. Ho ricordato anche che cosa mi aveva detto la maestra. Lei ci ripeteva che la legge vieta ai minori di sposarsi, che i bambini hanno dei diritti e dovevamo combattere per farli rispettare. È così ho trovato il coraggio…», anticipa ad Avvenire la ragazza che lunedì racconterà la sua storia alla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli di Milano, nell’ambito della campagna Indifesa di Terre des Hommes. Mentre i parenti erano indaffarati nei preparativi, Nandhini è sgattaiolata verso l’ingresso, dove c’era il telefono. Con le mani tremanti ha composto il numero. «Ho raccontato tutto e li ho supplicati: “ Vi prego aiutatemi” » .

La ragazzina, poi, è tornata in soggiorno dove la zia l’attendeva per portarla al tempio. «Eravamo appena arrivati quando sono sopraggiunte quattro o cinque grosse jeep. Una parente ha cercato di nascondermi, mi ha ordinato di dire che, se mi fosse stato chiesto qualcosa, stavamo celebrando una funzione familiare. Appena uscita, però, ho cominciato a gridare. Le operatrici mi hanno abbracciata e mi hanno portato in una casa di accoglienza ». Quel 17 luglio di due anni fa, dunque, Nandhini ha lasciato la casa della zia. Ora frequenta la dodicesima classe della Srinivasa High School e ha degli ottimi voti. Ma Nandhini è diventata anche un’attivista per i diritti delle bambine troppo spesso negati. Nel mondo, sono ancora 650 milioni le baby-spose: solo in India sono 15,5 milioni. «Lavoro soprattutto con le giovani a cui viene negato l’accesso all’istruzione: queste non sanno nemmeno come fare a ribellarsi. Cerco di spiegarglielo in modo semplice e le incoraggio. Alle mie coetanee dico: non fatevi costringere a sposarvi, chiedete aiuto. Non siete sole».

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