lunedì 22 luglio 2013
​Nuovo rapporto dell'agenzia Onu: una vittima su cinque vive in Egitto. Nei prossimi dieci anni 30 milioni di bambine rischiano di essere sottoposte a questa pratica.
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​Oltre 125 milioni di bambine e donne nel mondo hanno subito mutilazioni genitali. Il nuovo allarme è stato lanciato dall'Unicef: una vittima su cinque vive in Egitto. Nei prossimi dieci anni 30 milioni di bambine rischiano di essere sottoposte a questa pratica. Il rapporto "Female Genital Mutilation/Cutting: A statistical overview and exploration of the dynamics of change", elaborato nell'arco di vent'anni, è ad oggi la raccolta più completa di dati e analisi sul tema.

Le ricerche sono state condotte in 29 paesi tra l'Africa e il Medio Oriente, dove si praticano le mutilazioni genitali femminili. Il rapporto rivela che oggi, rispetto a 30 anni fa, le bambine hanno meno probabilità di essere sottoposte a mutilazioni anche in Paesi come l'Egitto e il Sudan, dove è largamente diffusa. Ma la realtà è ancora durissima per milioni di piccole e grandi donne. Somalia, Guinea, Gibuti ed Egitto registrano un alta prevalenza di mutilazioni con più di 9 donne e bambine su 10 tra i 15-49 anni che hanno subito tale pratica. E non vi è stato alcun calo significativo in paesi come Ciad, Gambia, Mali, Senegal, Sudan o Yemen.Uno spiraglio positivo, però, c'è. In Kenya e in Tanzania le ragazze tra i 15 e i 19 anni hanno tre probabilità in meno di essere mutilate rispetto alle donne tra i  45 e i 49 anni. La prevalenza, inoltre, è scesa di ben quasi la metà tra le adolescenti in Benin, Repubblica Centrafricana, Iraq, Liberia e Nigeria.

Il rapporto Unicef dimostra che oltre alla maggior parte delle ragazze e delle donne contrarie alla pratica, anche un numero significativo di uomini e di ragazzi la rifiuta: in particolare questa reazione è stata registrata in Ciad, Guinea e Sierra Leone.Altro punto chiave rilevato dallo studio: per cambiare la situazione, non basta modificare le legislazioni. Serve il coinvolgimento di tutti gli attori, governi, Ong e comunità, perché promuovano un cambiamento sociale profondo.

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