mercoledì 7 giugno 2017
In un primo tempo la presenza di donne negli attentati kamikaze di Teheran aveva fatto pensare a un'azione del gruppo della dissidenza armata iraniana
Offensiva del Daesh, i Mojaheddin del Popolo non c'entrano
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L'emittente saudita “al-Arabiya”, citando l'agenzia di propaganda dei jihadisti Amaq, ha riferito della rivendicazione da parte del Daesh degli attentati a Teheran. Rivendicazione confermata dal Site, il gruppo che monitora i siti jihadisti.

In un primo tempo la rivendicazione aveva lasciato perplessi, in particolare per la presenza di una donna nel commando. Mai in passato il Daesh era ricorso all'utilizzo di donne kamikaze, tranne in situazioni "marginali" come i nigeriani di Boko Haram che per una certa parte si sonbo dichiarati fedeli al Califfato. Sembrava fosse stata proprio una donna a farsi esplodere al mausoleo di Khomeini nella capitale dell'Iran. Poi le autorità hanno rivelato che alcuni terroristi si erano vestiti da donna.

Alcuni avevano dunque avanzato l'ipotesi che ad agire fossero stati i Mojaheddin-e Khalq, ossia i Combattenti del popolo (Mko), la principale formazione dell’opposizione armata iraniana raccolta nel Consiglio nazionale della resistenza iraniana (Cnri). Il gruppo è nato nel 1981 ed è guidato da Massoud Rajavi che aveva cercato di sposare islam e marxismo. Il Cnri è strutturato in un “Parlamento” in esilio di 574 membri dove siedono anche rappresentanti delle minoranze etniche e religiose iraniane (curdi, baluchi, ebrei e zoroastriani). Questo Parlamento aveva anche eletto la moglie di Rajavi, Maryam (anch’essa arrestata durante le retate di Parigi), a presidente dell'Iran per il periodo transitorio che dovrà seguire l'abbattimento del regime degli ayatollah. I Mojaheddin (messi fuorilegge anche dagli Stati Uniti) dispongono di diverse divisioni militari basate sin dagli anni ’80 in Iraq equipaggiato con carri armati. I 20mila uomini e 10mila donne volontari di questo “Esercito di liberazione” promettono il celibato fino al raggiungimento di questo obiettivo.


Oltre alle sporadiche incursioni in territorio iraniano, i Mojaheddin sono accusati da Teheran di numerosi attentati alla bomba e di assassini politici. Da quello, nel 1982, dell’ayatollah Ashrafi Isfahani, uno stretto collaboratore di Khomeini, a quello, nell’aprile 1999, del generale Ali Sayyad Shirazi, numero due dell’esercito iraniano. Le autorità di Teheran avevano più volte invocato l'estradizione dall’Iraq dei capi dei Mojahedin, senza pertanto rinunciare all’opzione militare. Oltre all'assassinio di dirigenti del gruppo all’estero, l’aviazione iraniana compiva periodicamente dei raid contro le basi del movimento, in particolare contro quello di Ashraf, 80 km ad ovest dalla frontiera iraniana. Nel 1999, sette militanti del gruppo sono morti e altri 20 feriti quando un’autobomba è stata fatta saltare al passaggio del loro autobus a 15 chilometri da Baghdad.

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