mercoledì 8 dicembre 2021
Secondo la denuncia di Human rights watch, nei loro raid gli shabaab prendono in ostaggio le giovani per abusarne o per rivenderle. In passato accusate di violenze anche le forze di sicurezza
Molte donne nella zona  di Cabo Delgado sono state vendute dagli shabaab a combattenti stranieri

Molte donne nella zona di Cabo Delgado sono state vendute dagli shabaab a combattenti stranieri - Alfieri

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Quando piombano nei villaggi, armi in pugno, per i civili c'è poco da fare. Chi può si dà alla fuga nella boscaglia, chi resta indietro sa che il suo destino può essere segnato. Ad aspettarli c'è il furto delle loro poche cose e, spesso, la morte. Donne e bambini, poi, sono di frequente vittime di sequestri: le prime diventeranno schiave sessuali, i secondi verranno rivenduti nella tratta di esseri umani o sfruttati. È una storia che si ripete, quella che va in scena da almeno quattro anni nella provincia mozambicana di Cabo Delgado, una storia che accomuna uno dei conflitti più dimenticati del mondo alle tante guerre «a bassa intensità» sparse nel pianeta.

Protagonisti dei raid nei villaggi, spesso allo scopo di autofinanziarsi, sono gli estremisti shabaab, un gruppo che usa la bandiera dell'islamismo (e di presunti legami con il Daesh) per brama di potere e denaro. Sono oltre 600, denuncia ora Human Rights Watch (Hrw), le donne e le ragazze rapite dal gruppo, alcune delle quali messe in salvo ma in gran parte ancora in mano agli estremisti. Altre donne sono state vendute a combattenti stranieri per una cifra compresa tra 600 e 1.800 dollari Usa, mentre in alcuni casi sono state le famiglie a riuscire a riavere le loro ragazze dietro al pagamento di un riscatto. Protagonisti di una serie di attacchi sia contro i villaggi che contro le forze di sicurezza, gli shabaab hanno trovato a Cabo Delgado terreno fertile per il loro reclutamento, da un lato con la comparsa di predicatori islamisti dall'estero, soprattutto dalla Tanzania, dall'altro a causa dell'emarginazione che le popolazioni locali hanno storicamente sofferto, ancora di più dopo la scoperta di importanti risorse naturali come rubini e gas naturale, che hanno contribuito all'arrivo di multinazionali straniere, dalla francese Total all'italiana Eni, dall'americana ExxonMobil ai cinesi di Cnpc. Molte comunità locali sono state evacuate dal governo per far posto ai progetti di estrazione, così che ex pescatori e giovani senza prospettive sono andati a ingrossare le fila del gruppo, arrivato a contare anche 5mila uomini. Solo l'arrivo, negli ultimi mesi, di forze ruandesi e di altri Paesi vicini ha consentito alle forze locali di riprendere terreno, ma gli estremisti, in cellule più piccole, continuano ad attaccare.

«I leader di al-Shabaab dovrebbero rilasciare immediatamente ogni donna e ragazza che tengono in stato di prigionia», sottolinea Mausi Segun, direttrice per l'Africa di Hrw. A ottobre, un funzionario locale ha dichiarato che l'esercito stava trattenendo centinaia di persone, per lo più donne e bambini, liberate dalle basi shabaab nel Complesso sportivo di Pemba. L'obiettivo era di separare i civili dai sospetti combattenti. Il funzionario ha affermato che le persone detenute nella struttura stavano ricevendo cure, ma non ha specificato la natura dell'aiuto o chi lo stesse fornendo. Secondo Hrw, il governo del Mozambico ha l'obbligo di prevenire, indagare, perseguire e punire i responsabili di abusi, nonché fornire rimedi tempestivi, accessibili ed efficaci alle vittime e ai sopravvissuti. Di abusi dei diritti umani, peraltro, sono state spesso accuse in passato anche le forze di sicurezza mozambicane. Difficile, in un conflitto come quello del Cabo, distinguere con facilità i soprusi degli uni e gli abusi degli altri.

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