martedì 23 luglio 2019
Si è spento a 90 anni l'ex premier cinese che con la sua legge marziale a Pechino aprì le porte al massacro del 4 giugno 1989. Di cui non è traccia nel suo libro di memorie
Li peng in una foto del 2000 (Ansa)

Li peng in una foto del 2000 (Ansa)

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Ex presidente del Comitato permanente del Congresso nazionale del popolo e primo ministro, dal 1987 al 1998, definito dall’agenzia governativa “Xinhua” «leale combattente comunista» e «leader eminente del Partito comunista e dello Stato» è morto oggi a 90 anni Li Peng, una delle figure più significative del post-maoismo. Un ruolo, il suo, importante nel partito e centrale nella casta dei «nuovi mandarini» che hanno guidato la Cina nell’ultimo trentennio.

Tuttavia, Li Peng sarà ricordato soprattutto per avere imposto il 20 maggio 1989 la legge marziale a Pechino che aprì la porta alla repressione culminata nel massacro del 4 giugno in piazza Tienanmen, seguito dall’esautoramento dell’allora segretario generale del Partito comunista, Zhao Ziyang, che aveva espresso sostegno alle rivendicazioni degli studenti e che per questo fu emarginato fino alla sua morte nel 2005.

Ritiratosi dalla politica attiva, impegnato a seguire grandi progetti pubblici come la Diga delle Tre gole sullo Yangtze e a curarsi da un tumore alla vescica, Li Peng ha pubblicato un libro di memorie in cui non si trova traccia delle settimane turbolente e esaltanti dell’invasione pacifica dell’immenso spazio prospiciente la Città Proibita e i palazzi-simbolo del potere comunista. Nemmeno una riga è dedicata alla sorte di quello che è stato un movimento etichettato prima come «ribellione controrivoluzionaria» e, dopo la repressione, come «disordini politici» per essere poi cancellato ufficialmente dalla storiografia di Stato con le sue vittime.
Nonostante il ruolo nel modernizzare l’industria pubblica, la repressione da lui segnalata come «necessaria per garantire l’integrità del Paese» resterà una macchia indelebile sul ricordo di Li, definito «sgherro e macellaio» da Wang Dan, uno dei leader della protesta in esilio negli Usa.

Orfano cresciuto politicamente sotto la tutela di Zhou Enlai, Li Peng è stato tra i più significativi esponenti dell’élite post-rivoluzionaria e i suoi tre figli sono a pieno titolo tra i “principini”, ovvero i rampolli dei leader di partito a cui sono stati consegnati ruoli politici e imprenditoriali chiave: il figlio maggiore Li Xiaopeng e la figlia Li Xiaolin occupano alti livelli nell’industria energetica nazionale, mentre il figlio minore, Li Xiaopeng, è l’attuale ministro dei Trasporti.

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