mercoledì 20 luglio 2016
Un'ordigno sull'auto ha ucciso Pavel Sheremet. Dall'inizio dell'anno sono 46 gli operatori dell'informazione morti. Maglia nera all'Afghanistan.
Ucraina, ucciso giornalista liberale
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Un noto giornalista liberale ucraino è morto nell'esplosione dell'auto su cui viaggiava nel centro di Kiev. Pavel Sheremet era uscito di casa, salito sull'auto e, dopo qualche decina di metri, la macchina è esplosa uccidendolo. Le autorità hanno riferito che si sarebbe trattato di un ordigno. Lo scoppio non lontano dal teatro dell'Opera di Kiev. L'auto era della direttrice del giornale, Olena Pretula. Sheremet viveva in Ucraina da cinque anni, prima lavorava alla tv di Stato russa. Il sito web della International Federation of Journalists (Ifj), ha dovuto aggiornare il suo drammatico conteggio sul numero dei reporter uccisi nel mondo dall'inizio dell'anno: la finestra con la numerazione digitale che campeggia nella parte altra della homepage è così passata da 45 a 46. Sheremet è il primo giornalista ucciso in Ucraina nel 2016, anno in cui il triste primato, con dieci morti, spetta all' Afghanistan. Appena il mese scorso si è saputo che un giornalista del network statunitense National Public Radio (Npr), David Gilkey, e il suo traduttore, Zabihullah Tamanna, sono morti in un attacco mentre viaggiavano con l'esercito afghano nella provincia meridionale di Helmand. Ma anche in India lavorare nei media è molto pericoloso. Quest'anno i morti sono stati quattro, e tre nel vicino Pakistan. Dall'altra parte del mondo, uno dei luoghi più rischiosi per gli operatori dell'informazione è certamente il Messico. Dall'inizio dell'anno i morti sono già sei. Più che in Iraq o Siria - dove imperversa il Daesh, che nel 2014 ha mostrato al mondo le sue intenzioni decapitando i reporter americani James Foley e Steve Sotloff e numerosi altri - dove negli ultimi sei mesi sono morti rispettivamente quattro e cinque giornalisti. E quattro sono morti anche in Yemen, e due in Turchia, dove appena quattro giorni fa, nella notte del golpe, è rimasto ucciso un fotogiornalista, Mustafa Cambaz. E la tendenza, a livello globale continua ad essere drammatica, ormai da molto tempo. Negli ultimi 25 anni, secondo un rapporto diffuso a gennaio dalla Ifj, sei mesi fa erano 2.297 i giornalisti e gli operatori nel settore dei media che hanno perso la vita cercando di informare il mondo su guerre, rivoluzioni, criminalità e corruzione. Oggi sono quindi quasi 2.350. Nel 1990, anno in cui la federazione ha cominciato a raccogliere questi dati, il bilancio dei giornalisti morti era di 40 all'anno, ma dal 2010 non è mai sceso sotto la soglia dei 100. "Gli ultimi dieci anni sono stati i peggiori - ha commentato in un'intervista il segretario generale della federazione, Anthony Bellanger - e il 2006 è stato il peggiore di tutti, con 155 morti".
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