martedì 10 novembre 2015
​Guidò il suo paese dal '74 all'82 al culmine della guerra fredda. Si è spento ad Amburgo a 96 anni.
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È morto Helmut Schmidt, cancelliere dell'ex Germania Ovest fra il 1974 e il 1982, periodo che segnò il culmine della Guerra Fredda a livello internazionale e dell'offensiva terroristica in patria. Aveva 96 anni ed era malato da tempo: in agosto era stato ricoverato per disidratazione, e il mese seguente sottoposto a intervento chirurgico per un trombo a una gamba. Poi però era voluto rientrare a casa, nella natia Amburgo, dove dall'altroieri le sue condizioni erano peraltro "drammaticamente peggiorate".  Una lunga militanza nelle file della Spd, di cui incarnava tuttavia l'ala centrista, combattente al fronte durante la II Guerra Mondiale, fatto prigioniero e quindi insignito della Croce di Ferro, Schmidt si trovò a ereditare la guida della Repubblica Federale Tedesca dal compagno di partito Willy Brandt, abbandonandone la "Ostpolitik" di apertura alla Ddr, all'epoca ancora a se stante e in orbita sovietica. Pragmatico, promotore del libero mercato in economia e dell'integrazione europea, ma anche del ruolo della Nato e della nascita dell'allora inedito asse con la Francia, prima di approdare alla guida del governo fu ministro della Difesa, poi dell'Economia e infine delle Finanze. Contribuì notevolmente all'ascesa del proprio Paese come prima potenza continentale per ritirarsi infine a vita privata nell'86. Malgrado l'età avanzata e la salute sempre più precaria, non rinunciò mai all'analisi politica, diventando un commentatore tanto autorevole e rispettato quanto spregiudicato e spesso tagliente. Di recente non esitò a criticare la crescente egemonia di Berlino in Europa, invitando a diffidare delle potenziali conseguenze negative del fenomeno sull'avvenire comunitario. Sopravvissuto alla moglie Loki, scomparsa nel 2010, lascia due figli e una nuova compagna, Ruth Loath.
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