martedì 8 novembre 2011
Il quesito è affiancato alla scelta del governatore. Se l’iniziativa passerà il test verrà catapultata nel dibattito politico nazionale e con ogni probabilità arriverà sul banco della Corte Suprema.
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È nato come un movimento marginale, animato da una manciata di entusiasti sostenitori ma senza troppe probabilità di arrivare alla ribalta nazionale. Alla vigilia del voto di oggi, il referendum che chiede agli elettori del Mississippi di dichiarare «persona» un ovulo fecondato ha invece ricevuto attenzione in tutt’America e all’estero, e persino il supporto «incondizionato» del più probabile candidato repubblicano alla Casa Bianca, Mitt Romney.La realtà è che il quesito sull’embrione ha ottime probabilità di essere approvato in Mississippi, dove sarà presente sulle schede insieme ai nomi degli aspiranti governatore. E se l’iniziativa passerà il test dello Stato del Sud verrà catapultata nel dibattito politico nazionale, e con ogni probabilità arriverà sul banco della Corte Suprema. Troppa enfasi su questa battaglia contro l’aborto legale negli Usa non è in realtà gradita a tutti i gruppi americani di difesa della vita.La Conferenza episcopale americana, ad esempio, ha lodato l’iniziativa e lasciato completa libertà di decisione ai fedeli, in base alla loro coscienza. Ma ha anche ammonito che la strategia potrebbe rivelarsi controproducente. Come ha spiegato ad Avvenire il vescovo di Jackson, la capitale del Mississippi, Joseph Latino: «Da molti anni i vescovi cattolici degli Stati Uniti si adoperano per promuovere un emendamento alla Costituzione federale che rispetti la vita umana dal momento del concepimento. La sentenza che ha legalizzato l’aborto nel 1973 è una sentenza federale, non statale. Preferiamo quindi continuare con questi sforzi piuttosto che tramite ben intenzionate e nobili iniziative come quella del Mississippi». Pur definendo il referendum «lodevole», dunque, il vescovo teme che possa «danneggiare i nostri sforzi a livello nazionale».Non la pensa così Stephen Crampton, avvocato e fra i fondatori del gruppo “Liberty Counsel”, che promuove il referendum. «Mentre aspettiamo che sia il momento giusto di sferrare un attacco legale alla sentenza della Corte Suprema, Roe contro Wade, centinaia di migliaia di vite vengono spezzate – spiega via posta elettronica da Jackson –. Abbiamo il dovere di difenderle come possiamo, al livello dove è più facile farlo, vale a dire quello statale».È certo che una vittoria dei sì in Mississippi costringerebbe il movimento per la vita americana (che per ora si concentra sul far approvare leggi che limitano i casi in cui l’aborto è ammesso e che ne proibiscono il finanziamento pubblico) a prendere atto della nuova strategia. Altri otto Stati, fra cui Florida, Montana e Ohio, sono infatti pronti a porre ai loro elettori la stessa domanda nel novembre 2012, l’anno delle elezioni presidenziali. La posizione di Romney, inoltre, ne garantirà l’ammissione nei dibattiti degli aspiranti alla Casa Bianca, mentre il supporto che ha ricevuto da parte di molti democratici del Sud, compreso il candidato governatore del Mississippi Johnny Dupree, ne farà un tema difficile da relegare all’interno delle linee di partito.Se però il referendum fallisse in Mississippi, uno degli Stati della Bible Belt, la fascia più religiosa del Paese e forse lo Stato più conservatore sui temi sociali, allora la spinta per la ridefinizione della parola «persona» nelle costituzioni statali subirebbe un duro contraccolpo.Attualmente negli Stati Uniti non esiste infatti una legge che determini quando cominci la vita umana. Ma molti precedenti federali stabiliscono che i diritti di un feto inizino quando è in grado di sopravvivere all’esterno dell’utero materno, un traguardo che il progresso scientifico ha anticipato fino alla 20esima settimana di gestazione.
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