sabato 21 novembre 2015
Acapulco nella morsa dei narcos: 2mila morti in 9 mesi. «Blindati» 120 istituti La denuncia dei docenti: i gruppi criminali facevano continui assalti per estorcere «il pizzo».
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Il turno di guardia anticipa la campanella di un’ora. Militari e poliziotti – le pattuglie sono miste –, in assetto da combattimento, presidiano le porte della scuola. Il personale entra lentamente, mostrando i documenti. Il flusso di studenti è più agevole, ma spesso anche loro devono fermarsi per esibire la carta d’identità. Una volta in aula, gli ingressi vengono sprangati. Le forze di sicurezza si ritirano per tornare un’ora prima della fine delle lezioni. E sorvegliare, mitra alla mano, l’uscita. Il copione si ripete monotono nei 120 istituti alla periferia di Acapulco, in particolare nei sobborghi di La Sábana, Ciudad Renacimiento, Emiliano Zapata. Tutte zone di una “guerra” – evidente quando non dichiarata – che le organizzazioni criminali combattono fra loro e con lo Stato con la complicità di forze di sicurezza corrotte. Il vortice di violenza ha inghiottito Acapulco e l’intera regione del Messico dove, da gennaio a settembre, sono state assassinate quasi 2mila persone (esattamente 1.985), in media sette al giorno. Uno stillicidio a cui non sfuggono nemmeno scolari e docenti, come ha dimostrato la tragedia dei 43 studenti scomparsi nella non lontana Iguala. La pressione sulle scuole è, tuttavia, aumentata negli ultimi mesi. Dopo l’estate, i narcotrafficanti hanno fatto irruzione in 14 istituti per riscuotere la “tassa di residenza”: la cifra, cioè, che le tutte le attività di un quartiere, commerciali e non, devono pagare in segno di fedeltà al gruppo criminale dominante. Non era la prima volta che le mafie cercavano di allungare i propri tentacoli sulle scuole. Dal 2011, i docenti hanno indetto, a più riprese, vari scioperi per protestare contro le estorsioni. Il maggiore nel 2014, quando oltre 31mila ragazzi restarono senza lezioni per oltre una settimana. Mai prima d’ora le minacce si erano fatte, così, pressanti né le cifre richieste tanto esorbitanti. In 14 istituti, i narcos hanno sequestrato per ore insegnanti e studenti. Più volte, i maestri sono stati selvaggiamente picchiati. Alla fine, il 5 novembre, i professori della secondaria 200 si sono rifiutati in entrare in aula. Il giorno dopo l’hanno seguita due istituti vicini. In breve, 52 scuole – di ogni ordine e grado – hanno chiuso i battenti e hanno rifiutato di riaprire fin quando non fosse garantita la sicurezza. Il responsabile dell’Istruzione del Guerrero, José Luis González, ha deciso di blindare gli edifici e schierare i militari, almeno fino al 18 dicembre, quando inizieranno le vacanze di Natale. Una boccata d’ossigeno, per personale e studenti. È improbabile, però, che entro tale data si riesca a trovare una soluzione definitiva alla violenza ormai dilagante.   A complicare la situazione della regione, il processo di diversificazione della “narco-industria”. Vista la crescente domanda Usa, le mafie hanno incrementato la produzione di oppio che cresce proprio in Guerrero, Sinaloa, Sonora e Durango, dove le coltivazioni di papaveri si estendono per 7mila ettari. Proprio la battaglia per il controllo dei campi e delle rotte dell’eroina ha fatto aumentare esponenzialmente omicidi e sparizioni.
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