venerdì 16 gennaio 2009
L'Osservatore deklla Santa Sede all'Onu: violati nei conflitti i diritti di donne e bambini. Gaza, Congo, Iraq e Darfur accomunate dalla scarsa tutela per la gente.
COMMENTA E CONDIVIDI
Gaza, Congo, Iraq e Darfur. Situazione e guerre diverse, accomunate, però, da una tragica costante. L’incapacità di fare abbastanza per proteggere le popolazioni civili, usate come scudi umani o vittime di attacchi che non distinguono tra obiettivi militari e non. Lo ha denunciato monsignor Celestino Migliore in un intervento al Consiglio di sicurezza dell’Onu sul tema della protezione dei civili nei conflitti armati. L’Osservatore permanente della Santa Sede al Palazzo di Vetro ha sottolineato che spesso, per ragioni politiche o militari, vengono violati i più elementari diritti dei civili, in particolare donne e bambini. E ciò avviene proprio nell’anno che segna il 60esimo anniversario della Convenzione di Ginevra. Invece, ha constatato il diplomatico, continuiamo a vedere civili utilizzati deliberatamente come strumenti per ottenere risultati politici o militari. In questi ultimi giorni, ha aggiunto monsignor Migliore, abbiamo visto un fallimento totale nel distinguere i civili dagli obiettivi militari. Quando le armi sono utilizzate senza adottare misure ragionevoli per evitare di colpire i civili, quando donne e bambini sono usati come scudi umani, quando, ha avvertito ancora, è negato l’accesso degli aiuti umanitari a Gaza, vengono distrutti i villaggi nel Darfur e la violenza sessuale devasta la vita di donne e bambini nel Congo, risulta tristemente chiaro che le ragioni politiche e militari passano sopra al rispetto basilare della dignità e dei diritti delle persone e delle comunità. L’Osservatore della Santa Sede all’Onu ha quindi chiesto che ogni parte belligerante si faccia responsabile della protezione degli individui e delle comunità. Da parte israeliana ha risposto l’ambasciatore presso la Santa Sede, Mordechai Lewy, che interpellato dai giornalisti ha assicurato: «Le dichiarazioni di monsignor Migliore non avranno alcuna ripercussione negativa nelle relazioni Israele-Vaticano». Da Gerusalemme si fa invece notare il ritardo con cui si è mossa la comunità internazionale. Il patriarca latino, Fouad Twal, in una dichiarazione all’agenzia Sir ha notato: «Assistiamo ora a uno sforzo diplomatico che cerca di risolvere il conflitto di Gaza. Ci sono volute tre settimane di morti, con molti bambini e donne che non hanno niente a che fare con Hamas e con Israele, di terrore, di feriti, di distruzioni. Perché?». Il patriarca ha parlato a margine della presentazione, ieri a Gerusalemme, del comunicato finale del Coordinamento delle Conferenze episcopali degli Usa e dell’Unione europea, a chiusura della visita di solidarietà in Terra Santa. «Dai politici che arrivano in questa regione – ha affermato – sentiamo parole e promesse, ma nessuna di queste ha un seguito». Quindi, dopo aver ringraziato il Coordinamento «per la vicinanza e la solidarietà», Twal ha voluto lanciare un appello alla Chiesa universale chiedendo vicinanza attraverso «la preghiera, la promozione di progetti come adozioni, gemellaggi, scambi e attraverso la cooperazione». Soprattutto, però, ha fatto riferimento ai pellegrinaggi: «Ai fedeli di tutto il mondo, dico: venite in Terra Santa, non c’è pericolo. Il 2008 è stato un anno pieno di fedeli ed il 2009 promette di essere migliore. Chi vuole amare questo Paese – ha concluso – si prenda il peso della croce di Gesù che le comunità di qui portano giornalmente».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: