giovedì 7 aprile 2016
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BRUXELLES « N on accetto che si dica che i servizi di intelligence belgi abbiano fallito», perché «come in tutti i Paesi, ci sono stati successi», per esempio lo smantellamento della cellula terroristica di Verviers, «e fallimenti». Così si è difeso il premier belga Charles Michel davanti alla stampa internazionale a poco più di due settimane dalle stragi, ricordando a chi lo criticava per i 4 mesi necessari per catturare Salah Abdeslam, il ricercato numero uno degli attentati di Parigi legati a quelli di Bruxelles, che «per Benladen ci sono voluti 10 anni dopo che era ricercato dai servizi del mondo intero e con tremila morti a New York». Sempre ieri, inoltre, è stata diffusa la notizia che uno dei kamikaze di Zavantem, probabilmente Najim Laachraoui, aveva lavorato per due mesi, nelle estati 2009 e 2010, per un’impresa di pulizie esterna, avente un contratto di subappalto con il Parlamento Ue. «Quando c’è un attentato come quello» del 22 marzo «ovviamente c’è un fallimento», ha riconosciuto Michel, rifiutandosi però di accettare l’immagine data del Belgio da parte della stampa internazionale come di un «Paese fallito». Il premier ha quindi ricordato «il centinaio di condanne nel corso del 2015» proprio per terrorismo legate alla filiera jihadista, e il fatto che, nonostante tutti gli sforzi fatti e che verranno in ogni caso fatti, «il rischio zero non esiste». A maggior ragione in Belgio, «piccolo Paese nel cuore dell’Europa, una piattaforma da cui è facile organizzare attentati in altre nazioni». «È qui che c’è il maggior lavoro da fare», ha sottolineato Michel, ribadendo di essere «da tempo a favore di un’agenzia Ue di intelligence, come un Fbi o una Cia europea». Il primo ministro belga Charles Michel (Ansa/Ap)
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