venerdì 19 marzo 2021
In arrivo la settima prossima 2,7 milioni di dosi in eccedenza. Il numero dei profughi dell'America centrale diretti negli Usa può diventare il più elevato negli ultimi vent'anni
Baby-profughi a Las Penitas, in Texas

Baby-profughi a Las Penitas, in Texas - Reuters

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I vaccini sono già pronti: 2,7 milioni di dosi raggiungeranno il Messico la settimana prossima. E, mentre il carico veniva preparato a Washington, il governo di Andrés Manuel López Obrador ha schierato la Guardia nazionale e la polizia migratoria in Chiapas per fermare i centroamericani, dopo aver blindato il confine con il Guatemala. Erano mesi che non si assisteva a simili retate. Eppure entrambe le parti continuano a negare che vi sia un nesso. Gli Stati Uniti hanno deciso di “prestare” fiale in eccedenza del farmaco anti-Covid AstraZeneca al Messico – altri 1,5 milioni andranno al Canada –, proprio nel momento in cui il Paese vicino ha deciso di accogliere le richieste di aiuto lanciate dall’Amministrazione Biden per contenere la crisi dei migranti lungo la frontiera comune. La petizione del farmaco anti-Covid – non ancora approvato negli Usa e, dunque, fermo in frigo – era stata formulata pubblicamente dal presidente López Obrador a Washington. Il vero “negoziato” – secondo il New York Times – si sarebbe svolto in un video colloquio a porte chiuse avvenuto a inizio marzo. E, confermano vari esperti, i due leader avrebbero discusso sia il nodo del confine sia la “fame” di vaccini da parte del Messico. Un apparente paradosso quest’ultimo dato che qui si trova uno degli hub produttivi di AstraZeneca. Il Paese conta con una riserva di 870mila dosi dell'antidoto ma ne occorrono molte di più data l’entità dell’emergenza: le vittime sono quasi 198mila, il terzo dato maggiore al mondo dopo Usa e Brasile. Finora appena il 4 per cento della popolazione è stato immunizzato.

Se per il governo messicano la priorità è la pandemia, per Biden la questione più scottante al momento è l'incremento esponenziale dei migranti al confine sud. In febbraio ne sono stati catturati 100mila, a marzo i fermi sono 4mila al giorno. Di questo passo, il flusso rischia di essere il più intenso degli ultimi vent’anni. Ad alimentarlo la devastazione economica provocata dalla pandemia, la lenta ripresa della circolazione regionale, la scelta di Joe Biden di archiviare la retorica anti-immigranti del predecessore. Nonché – fattore tutt’altro che secondario – il calo di arresti in Messico tra ottobre e dicembre, come evidenziato dagli esperti del Washington Office on Latin America. Da quando Donald Trump ha lasciato la Casa Bianca ed è venuta meno la minaccia dei dazi sulle importazioni, il Paese sembrava avere allentato la stretta. Finora. Tra confine blindato e la “caccia” in grande stile, il gendarme Messico pare di nuovo in attività.


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