sabato 10 aprile 2021
Viaggi andata e ritorno negli Stati Uniti, per chi può permetterselo, per sottoporsi all’iniezione: il resto deve aspettare e sfidare il virus
Migranti centroamericani, respinti al confine statunitense, raccolti senza protezioni in un centro a Reynosa in Messico

Migranti centroamericani, respinti al confine statunitense, raccolti senza protezioni in un centro a Reynosa in Messico - Reuters

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Di notte, attraversato il Rio Bravo, al confine tra Messico e Stati Uniti, ciò che balza agli occhi nel sottobosco sono i braccialetti di plastica – color arcobaleno, giallo, grigio, rosso e blu – alcuni stretti per adattarsi alle braccia più piccole, dei grandi ma anche di ragazzini. «Finalmente potrò riabbracciare mia madre, non la vedo da cinque anni», confessa Maria, 13 anni, honduregna, in fuga da tanta miseria e violenze familiari. Molti braccialetti vengono stampati con una sola parola: consegna. Sopra c’è il nome della persona e un numero di serie per capire se ha pagato la “tassa” che li assicura contro il sequestro dalle bande di trafficanti: in media sono 500 dollari. Come innovazione nell’industria del contrabbando, i polleros, coloro che “aiutano” a passare il confine, usano bracciali di plastica colorata per marchiare il “diritto di attraversamento” dei migranti. Un messaggio chiaro di “proprietà” per chiunque tentasse di insidiare la merce umana contrabbandata dai criminali. Covid o no, il governo degli Stati Uniti ieri ha dichiarato che gli ingressi irregolari di migranti negli Usa dal confine meridionale sono aumentati del 70% a marzo e che sono state oltre 172mila le persone arrestate: il dato più alto degli ultimi 15 anni.

L'attraversamento del Rio Bravo a Ciudad Juarez

L'attraversamento del Rio Bravo a Ciudad Juarez - Ansa


All’inizio del mese una donna incinta è entrata in travaglio sulla riva del Rio Bravo e ha perso il figlio. Poi una bambina guatemalteca di nove anni è morta mentre guadava il fiume con la mamma e il fratellino. Lungo il greto del fiume, honduregni e guatemaltechi portano negli zaini bagnati prove di minacce e violenze da cui fuggono: sperano bastino per chiedere asilo negli Usa e realizzare una vita vivibile. Hanno certificati di nascita, preziosi per i genitori che temono di essere separati dai propri figli. Chi non può dimostrare la propria età, rischia invece di essere espulso. Alcune donne, giunte sulla riva, pregano in cerchio, altre piangono. Ringraziano di aver attraversato il confine sane e salve, sperano ora che il viaggio continui senza il rischio di essere rispedite in Messico: lì il Covid morde ancora forte.
Ecco perché nell’ultimo periodo diversi cittadini messicani hanno iniziato a prenotarsi in alcuni Stati confinanti degli Usa per ricevere il vaccino. «Bisogna avere il visto in regola, non essere illegale, e avere ovviamente la possibilità economica di viaggiare in aereo. Alcuni colleghi si stanno prenotando e altri sono appena tornati dal Texas. Devi avere una contatto negli Usa e minimo 16 anni. Un dato negativo? Sta aumentando il costo dei voli», ammette Claudia Rosas, una docente universitaria che ha scelto di percorrere questa strada, sicuramente più veloce, per combattere il Covid, una pandemia che in Messico avanza in maniera devastante. Nel Paese i numeri continuano a salire con la media di circa 600 morti al giorno, due milioni e mezzo di casi conclamati. Pochi giorni fa il governo, nella sua pagina ufficiale sui social, ha ammesso che i casi invece sarebbero di un 60 per cento superiori ai numeri dichiarati ufficialmente. Con questi dati, secondo la Johns Hopkins University, dopo gli Usa, ci sarebbe proprio il Messico a prendere il posto del Brasile in questa triste classifica. Ma non è tutto. Essendo il numero di abitanti del Messico – 128 milioni di abitanti e poco più di un milione che ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino – inferiore a quelli di Usa (329) e Brasile (211), in percentuale questo Paese diventerebbe il primo al mondo per morti da coronavirus, anche se nessuno lo vuole ammettere.


Oltre a queste cifre, molti aggiungono
anche la morte di persone che, affette da altre malattie più o meno gravi, non sono state ricoverate in ospedale a causa della saturazione dei pronto soccorso e dei reparti di rianimazione e terapia intensiva, come conseguenza della pandemia. Per l’eccessivo lavoro dei sanitari, i tamponi e le prove diagnostiche sono molto limitati, ragion per cui molte persone sono morte in solitudine, in casa, senza nemmeno sapere di aver avuto il Covid.
Ma in Messico non sono tutti come Claudia Rosas e sono milioni quelli che combattono a mani nude il virus. Inchiodati nelle località più remote dell’arida sona centrale, in un centro di raccolta per migranti o nei villaggi di baracche a ridosso del confine. Tanti, tantissimi rispetto ai pochi fortunati che saltano il confine a bordo di un aereo di linea e comprano negli Usa almeno un pezzetto del sogno americano sotto forma una piccola siringa e del volto rassicurante dell’infermiera «yankee» che infila l’ago in un braccio.

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