venerdì 23 agosto 2013
​A un mese dal voto sfiora la maggioranza assoluta. Però non basta. Liberali in caduta libera: Grande coalizione o l’apertura ai verdi. La vera alleata del cancelliere è l'economia che cresce.
INTERVISTA «Con noi "grunen" sempre più cattolici»
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Tre scenari e una vincitrice, Angela Merkel. A un mese dalle elezioni tedesche, evento politico dell’anno in Europa, non si prospettano alternative – stando ai sondaggi che la vedono oscillare tra il 49 e il 53 per cento di gradimenti contro il 23 dello sfidante socialdemocratico Peer Steinbrück – a un nuovo governo guidato dal cancelliere uscente. Non si sa ancora, però, con quale maggioranza. La Costituzione non prevede la possibilità di un governo di minoranza. Angela Merkel da due settimane dichiara che, pur preferendo una riedizione della coalizione con i liberali – sempre in bilico davanti alla soglia di sbarramento del 5% di voti sotto la quale si resta esclusi dal Bundestag – lei sarebbe in grado di guidare un bis della Grande coalizione con la Spd, dopo quella dal 2004 al 2009. Un quarto dei tedeschi ha dichiarato di non esserne dispiaciuto.La terza opzione sarebbe una sorpresa, non esclusa da alcuni osservatori, di un’inedita coalizione con i Verdi, se gli ecologisti confermeranno nelle urne il 13-15 per cento dei sondaggi che garantirebbe la maggioranza. Via programmaticamente non semplice, che sarà tentata se la Fdp non riuscisse ad entrare in Parlamento o la coalizione Cdu-liberali non avesse comunque il 51 per cento e le trattative con la Spd, propensa ad allentare il rigore in Europa, ma con un programma interno non così diverso rispetto alla Cdu, si arenassero. Per il resto, il movimento antieuropeista di Alternative pare fuori dai giochi al 3 per cento mentre i sondaggi danno i “grillini” tedeschi, i Piraten, al 5-6 per cento e gli ex comunisti della Linke al 7. «Normale quando l’economia tira: la protesta non fa presa. Il dato finora più rilevante di una campagna noiosa – spiega Nico Lange, capo analista politico della prestigiosa fondazione Adenauer, pensatoio di area cattolica – è vedere la Merkel protagonista sui cartelloni del suo partito e su quelli dell’opposizione. La vincitrice è lei». Con la sua coalizione? «Non vedo alternative, del resto al momento del voto la gente si domanda perché cambiare una situazione positiva». Per l’analista, la forza della Merkel sta nel fatto che raccoglie i benefici di riforme dolorose fatte da altri. Il rilancio tedesco è dovuto al coraggioso cambiamento del Welfare varato dieci anni fa dalla coalizione Spd-Verdi, che poi pagò il varo dei “minijob” – impieghi part time e senza contributi a 450 euro al mese per flessibilizzare l’ingresso nel mercato del lavoro – con la sconfitta elettorale. «La Cdu – puntualizza Lange – pesca trasversalmente voti e ora gestisce le riforme». Le quali hanno sì polarizzato la società, che pure vanta ancora un’alta coesione, ma è altrettanto vero che un tedesco su dieci con un impiego fisso usa i “minijob” per fare il secondo lavoro nel tempo libero, finanziandosi i consumi extra.Che cosa cambierà per l’Ue dopo le elezioni, soprattutto per i Paesi del Sud finora soggetti alla linea del rigore di bilancio imposta da Berlino in cambio degli aiuti? Insomma, la locomotiva tedesca “germanizzerà” l’Ue o continuerà a fare la potenza riluttante, come l’ha definita The Economist?«La Germania ha aggiornato il modello di capitalismo renano – osserva Lange – rendendolo competitivo nella globalizzazione. Non cambierà nulla, la leadership nell’area euro la eserciterà proponendo il modello vincente, riforme del mercato del lavoro e rigore di bilancio in cambio della solidarietà». Diverso il parere di un attento osservatore come Paolo Pombeni, storico dell’università di Bologna.«Dopo le elezioni – obietta – la Merkel sarà meno rigida sui vincoli di bilancio degli Stati europei perché non dovrà più rassicurare i timori di un elettorato sulla fine dell’età dell’oro per colpa degli europei spendaccioni del sud. Tuttavia molto del suo orientamento dipenderà dalla composizione del Parlamento, dove gli elettori tedeschi hanno la possibilità di inviare candidati della stessa Cdu più o meno conservatori. Ma è vero, la Germania resta riluttante a fare l’asso pigliatutto in Europa, continua solo a dare i compiti a casa e a bacchettare gli inadempienti. Ed è un problema». Per quali ragioni non vuole imporsi? «Perché nella Ue tutti si coalizzano contro chi cerca di imporre la propria visione. E poi per paura della maledizione della storia: ogni volta che cercano di imporsi in Europa rovinano il loro benessere». Ma l’Ue e l’euro non sono in pericolo dopo il voto? «No, anche se in Germania c’è uno scollamento tra elite dirigenti che sanno che il bene della Germania è legato alla crescita dell’Ue e il popolo che dalla crisi europea è spaventato. Finito l’asse franco-tedesco occorre progettare una nuova grande Europa nella quale la Germania possa affermare la propria leadership cercando consensi per obiettivi comuni. Serve un salto di qualità dopo il voto perché la classe dirigente tedesca diventi più europea».Il 15 settembre, una settimana prima delle elezioni federali, la Baviera andrà alle urne per le regionali.
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