lunedì 25 febbraio 2013
Ha chiesto ai giudici di dichiarare «illegittima» la legge che regola l’unione tra uomo e donna. Il massimo organo di giustizia deve decidere su due casi. Anche i vescovi avevano presentato una memoria, ma per difendere la costituzionalità.
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​Barack Obama continua a spingere per un riconoscimento legale delle nozze gay in tutt’America. Creando un nuovo precedente, il presidente ha chiesto alla Corte suprema di dichiarare incostituzionale la legge federale che sancisce il matrimonio come l’«unione di un uomo e una donna». Stando alla Casa Bianca, la misura, il Defense of Marriage Act, o Doma, «viola la garanzia fondamentale dell’uguaglianza davanti alla legge» e «impedisce a decine di migliaia di coppie omosessuali, legalmente sposate nei loro Stati, di godere degli stessi vantaggi federali delle coppie eterosessuali». Il Doma risale al 1996, e già lo scorso anno Obama aveva chiesto al ministero alla Giustizia di non difendere la legge in tribunale ogni volta che veniva chiamata in causa. Ora si è spinto oltre. Il governo Usa ha infatti presentato alla Corte suprema una memoria “amicus curie” schierandosi contro i suoi stessi interessi. Il caso che si presenta davanti al supremo tribunale Usa vede infatti contrapposti il governo degli Stati Uniti ed Edith Windsor, una lesbica che si era sposata in Canada nel 2007 con la sua compagna da più di 40 anni. Dopo la morte della compagna, Windsor ha dovuto pagare al fisco Usa 360.000 dollari di tasse di successione perché il ministero alle Finanze non riconosce la sua unione come un matrimonio. I nove giudici della Corte esamineranno il caso alla fine di marzo, e il loro pronunciamento potrebbe definire il matrimonio negli Stati Uniti per gli anni a venire. Ed è questa la prima volta che un presidente americano si schiera a favore dei diritti degli omosessuali davanti alla Corte suprema. Come promesso nel discorso dell’insediamento e in quello sullo Stato dell’Unione, Obama si muove quindi per far sì che i «fratelli e le sorelle gay» abbiano gli stessi diritti di tutti gli altri americani. Sempre a fine marzo, probabilmente il 27, la Corte si esprimerà anche su un altro caso riguardante le nozze gay. Si tratta del giudizio di costituzionalità sulla Proposition 8, il referendum con il quale nel 2008 la California ha messo al bando i matrimoni fra persone dello stesso sesso, dopo che erano stati legalizzati dal Parlamento dello Stato. La Casa Bianca non si è ancora espressa su questo caso, ma non è escluso che lo faccia, dato che la unica preoccupazione di Obama, come ha detto, è di «intromettersi troppo» in processi concernenti i singoli Stati. La forza del pronunciamento della Casa Bianca nel caso Windsor non lascia però dubbi sulla determinazione del presidente nel vedere quanto prima una legge o una sentenza che estenda il concetto di matrimonio a tutte le coppie gay dei 50 Stati. Lo scorso giugno anche la Conferenza episcopale americana aveva presentato una propria memoria “amicus curiae” alla Corte suprema difendendo la costituzionalità del Doma, sia nel caso Windsoer che in quello sul referendum californiano. «Non esiste alcun diritto fondamentale di sposare una persona dello stesso sesso», avevano scritto i vescovi americani, aggiungendo che «l’orientamento sessuale non è una classificazione che dovrebbe far scattare automaticamente considerazioni legali particolari, al contrario della razza o dell’appartenenza etnica». Intanto i deputati repubblicani hanno chiesto alla Corte suprema di riconoscere loro il diritto di difendere il Doma di fronte ai nove giudici nei due casi in discussione, dato che «le due parti in causa sostengono praticamente la stessa posizione» e che il Defense of Marriage Act resta una legge federale Usa.
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