venerdì 29 novembre 2013
​Preoccupazione per Latorre e Girone bloccati in India da quasi venti mesi. Per i media locali gli inquirenti hanno chiesto l'applicazione della legge sui «delitti in mare» che prevede la condanna capitale.
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«Non rientra tra i casi punibili con la pena di morte». La smentita del governo indiano è stata secca. Lo spettro del boia, però, torna ad allungarsi minaccioso sulla vicenda di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, i fucilieri di Marina accusati della morte di due pescatori e, da quasi due anni, bloccati a New Delhi. Ad agitarlo, come di consueto, è stata la stampa indiana. In base a un articolo dell’Hindustan Times, la National Investigation Agency (Nia), a cui sono affidate le indagini, avrebbe terminato e consegnato il suo rapporto.E in quest’ultimo, viene invocata l’applicazione del “Su Act”, la legge per la soppressione degli atti illeciti contro la sicurezza della navigazione marittima, che prevede la pena capitale per i colpevoli. Per un bizzarro paradosso, la misura fu introdotta nel 2002 per contrastare i delitti di pirateria, proprio quelli contro cui erano impegnati i due militari. Al di là della questione strettamente legale, in controluce, il quotidiano legge un braccio di ferro in corso tra il ministero degli Interni – che ha ricevuto il documento – e quello degli Esteri: il primo favorevole alla linea dura e il secondo fautore di una postura più morbida. Nel corso degli ultimi mesi, in numerose occasioni, il capo della diplomazia indiana, Salman Khurshid, aveva escluso la pena di morte per i due marò, rassicurando l’Italia. Ieri, il portavoce del ministro, tuttavia, non ha smentito le indiscrezioni della stampa. Per uscire dall’empasse, si è limitato a dire che spetta alla Procura la formulazione dei capi d’accusa. «I ministeri possono solo dare indicazioni», ha precisato. Più deciso il portavoce dell’esecutivo, Syed Akbaruddin, che ha escluso l’ipotesi del boia. La preoccupazione, comunque, resta. Lapidaria il ministro degli Esteri, Emma Bonino: la questione pena di morte «è già stata smentita», ha detto rifiutandosi di aggiungere altro. Sulla stessa linea, l’inviato del governo italiano, Staffan De Mistura, ha rifiutato di commentare perché «nel passato sui giornali indiani ci sono state illazioni senza conferme. Vogliamo invece vedere le conclusioni della polizia indiana, il capo d’accusa che sceglierà il giudice e solo a questo punto faremo i nostri commenti, decideremo le nostre mosse e contromosse». In ogni caso, i nuovi ostacoli sembrano far allungare ancor più i tempi giudiziari: sono trascorsi 19 mesi e mezzo da quando dalla petroliera Enrica Lexie sono stati esplosi i colpi che hanno ucciso due pescatori, scambiati per pirati, nelle acque del Kerala. Roma sperava che il caso potesse risolversi entro Natale. Un’eventualità ormai esclusa.
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