sabato 29 gennaio 2022
Il petrolio finito in mare sta devastando 1.700 chilometri di costa: a rischio migliaia di pescatori artigianali. Battaglia legale sulla responsabilità. I vescovi: agire in fretta
Il catrame raccolto ad Ancon

Il catrame raccolto ad Ancon - Reuters

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«Grave». Così il gruppo di esperti delle Nazioni Unite ha valutato gli impatti ambientali provocati dallo sversamento di petrolio lungo le coste peruviane dello scorso 15 gennaio. Il conteggio dei danni arriverà nel prossimo futuro ma la marea nera ha già toccato 1.800 chilometri di spiagge e oltre 7.100 chilometri quadrati di oceano, uccidendo flora e fauna ittica e devastando anche alcune aree protette. E bloccando, di fatto, l’attività delle migliaia e migliaia di pescatori artigianali delle regioni di Lima e Callao. Sono stati questi ultimi, fin dall’inizio, a mobilitarsi nelle operazioni di pulizia del litorale, prima in forma autonoma e poi reclutati da Repsol che ne ha assunto il coordinamento mentre è in atto il braccio di ferro tra l’azienda spagnola Repsol, proprietaria del greggio versato, e il governo sulla ripartizione delle responsabilità.

La spiaggia di Ancon devastata dal petrolio

La spiaggia di Ancon devastata dal petrolio - Ansa

Secondo l’impresa, la caduta di oltre diecimila barili durante lo scarico dalla nave mercantile italiana Mare Doricum alla raffineria di La Pampilla sarebbe stata provocata da una serie di onde anomale, a loro volta generate dalla maxi-eruzione vulcanica di Tonga e su cui non sarebbe arrivata nessuna allerta da parte dell’esecutivo.

Quest’ultimo, a sua volta, nega che vi sia un legame tra i due fenomeni. La battaglia legale per decidere chi dovrà farsi carico delle spese per la bonifica e i risarcimenti si profila, dunque, lunga e difficile. Le autorità, nel frattempo, hanno disposto il divieto di espatrio per diciotto mesi per quattro dirigenti di Repsol Perù, tra cui il direttore Jaime Fernández Cuesta.

I lavori sulla spiaggia

I lavori sulla spiaggia - Ansa

La Conferenza episcopale peruviana ha esortato i protagonisti ad «agire in fretta». I coinvolti «devono assumersi le proprie responsabilità e rimediare con urgenza all’enorme danno ambientale causato», ha detto il presidente, Miguel Cabrejos. L’arcivescovo Carlos Castillo, da parte sua, ha esortato a dare una «riparazione integrale» ai lavoratori del mare. Non solo, cioè, dando loro un impiego temporaneo nella pulizia ma con un progetto di «lungo periodo».

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