sabato 16 gennaio 2021
Più morti in due settimane che nei nove mesi precedenti. Preoccupa la diffusione della seconda variante. Il dolore dell'arcivescovo Steiner, della Conferenza episcopale brasiliana e di Repam
In Amazzonia manca l'ossigeno, l'agonia di Manaus. L'appello del vescovo
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I medici le hanno provate tutte. Hanno ridotto le razioni per prolungare le ore, hanno chiesto aiuto a parenti e polizia perché facessero una colletta e cercassero in ogni farmacia. Ma non ce l’hanno fatta. L’ossigeno è finito comunque. E due pazienti del Pronto soccorso di Coroado, a Manus, sono morti soffocati senza che si riuscisse a impedirlo. È accaduto giovedì, giorno in cui la capitale dell’Amazzonia ha terminato le scorte, dopo due settimane di richiesta record: 76mila metri cubi quotidiani. Il triplo rispetto alla prima ondata dell'anno scorso, a causa della crescita esponenziale dei ricoveri: 186 ogni 24 ore. Le terapie intensive sono intasate e oltre 480 malati sono ammassati nei corridoi e all'entrata, in attesa di un letto. Questa situazione rischia di far aumentare ulteriormente le vittime di Covid nello Stato di Amazonas che, in 14 giorni, sono già 1.684, più del totale degli ultimi nove mesi del 2020, quando sono state 1.285. E nella sola giornata di venerdì le sepolture sono state 223: i cimiteri hanno dovuto prolungare l'apertura per stare dietro alle richieste. Di fronte al dramma,l'arcivescovo di Manaus, dom Leonardo Steiner, ha rivolto un accorato appello: "Per l'amor di Dio, inviateci ossigeno". Il pastore ha chiesto, anche a nome dei vescovi degli Stati di Amazonas e Roraima, di mettere da parte il negazionismo e intervenire. "Durante la prima ondata, le persone sono morte per mancanza di letti e posti nelle terapie intensive. Ora accade lo stesso. E a questo si somma la mancanza di ossigeno. Non possiamo permettere che continui ad accadere".

Ospedali al collasso a Manaus

Ospedali al collasso a Manaus - Ansa

Alla voce di dom Leonardo si sono unite quelle del presidente della Conferenza episcopale brasiliana, Walmor Oliveira de Azevedo, e del presidente della Rete ecclesiale panamazzonica (Repam), Erwin Kreutler, che hanno chiesto a imprenditori, politici e cittadini di portare bombole di ossigeno a Manaus.

Autorità locali e governo di Jair Bolsonaro si scambiano accuse sulle responsabilità della nuova crisi, dopo il collasso dell'aprile scorso. Se la scoperta di una seconda variante più contagiosa ha accelerato l'emergenza, è vero anche che le terapie intensive non sono state ampliate negli ultimi mesi, nonostante le richieste dei medici. Bolsonaro, dopo aver minimizzato, s’è visto ora costretto a far intervenire l’aviazione per realizzare, a tambur battente, un maxi-trasferimento dei pazienti in altri Stati. Al contempo, cilindri di ossigeno sono stati inviati dal resto del Brasile e addirittura dal Venezuela, dove il "nemico" Nicolas Maduro ha offerto aiuto. Gli spostamenti, però, non sono semplici per la posizione di Manaus, nel cuore dell’Amazzonia. Via aerea si possono portare solo le scorte più leggere. Le altre devono arrivare via fiume e ci vogliono almeno cinque giorni. Oltretutto, lo spostamento dei malati rischia di diffondere la variante in altre zone.

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