martedì 31 marzo 2015
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Ricercatrice e giornalista, Houda Mzioudet vive tra Tunisia e Libia e collabora con il centro di ricerche Brookings Istitution di Washington. Il suo è uno sguardo dal di dentro e dal di fuori, francofono e anglofono, tunisino e globale. Come migliaia di suoi concittadini, domenica era alla marcia contro il terrorismo. E non si stupisce per nulla della massiccia partecipazione. «Non è la prima volta che la società civile tunisina si mobilita contro il terrorismo e contro tutti i pericoli che il nostro Paese ha dovuto fronteggiare in questi anni, dopo la caduta di Ben Ali nel 2011. Ricordo, ad esempio, l’imponente marcia ai funerali di Chokri Belaid, leader Nidaa Tounes, il Partito unificato demo-cratico, ucciso nel febbraio del 2013, con un milione di persone». Questa volta però c’erano anche i leader europei e non solo. Tuttavia, non così numerosi come a Parigi, dopo la strage di Charlie Hebdo. Qualche rammarico? La loro partecipazione è stata comunque importante. Certo, erano a Tunisi comprensibilmente anche per i loro concittadini uccisi. Ma per il Paese ha avuto un grande valore simbolico. Significa che il mondo occidentale, e non solo, appoggia il modello democratico tunisino, un appoggio morale economico, strategico e politico. Speriamo che continui concretamente anche in futuro. È stato un messaggio forte per i tunisini; la loro presenza ha detto che non sono soli nella lotta per un Paese democratico e accogliente. Anche questa volta, però, la vera protagonista della marcia è stata la gente… In Tunisia la società civile è forte. Ed è capace di mobilitarsi quando vede un pericolo che minaccia il modello tunisino di Stato laico, di libertà e pluralismo, conquistati a fatica e che devono essere consolidati. Si ha l’impressione che la popolazione sia ancora addolorata, ma abbia anche tanta voglia di reagire. C’è ancora costernazione e collera per l’attentato al Bardo e più in generale per questa piaga del terrorismo che non è una cosa nuova, ma che non si era mai manifestata così violentemente. Già nel 2002, l’attentato qaedista alla sinagoga di Djerba era costato la vita a 19 persone (tra cui 14 turisti tedeschi, 1 francese e 4 tunisini, ndr). Ma molti di noi non avrebbero mai immaginato che il terrorismo potesse colpire il cuore di Tunisi e accanirsi contro uno dei pilastri della sua economia: il turismo . Alla marcia non hanno aderito le formazioni di sinistra a causa della presenza di esponenti di Ennahda, il partito islamista che molti accusano di “vicinanza” ai terroristi. La Tunisia è divisa in questa lotta? In complesso, la società civile è unita e non resterà con le braccia incrociate di fronte alla minaccia del terrorismo. Per questo è scesa compatta in strada. Sono piuttosto sorpresa che questo attacco non abbia diviso maggiormente la Tunisia. Dopo l’uccisione di Belaid si era creta una forte frattura tra l’area più laica e di sinistra e il campo islamista di Ennahda e della troika che ha vinto le elezioni del 2011. Lo stesso dopo l’assassinio di Mohamed Brahmi, del Fronte Popolare, nel luglio del 2013. Oggi appare evidente la non disponibilità dei tunisini ad accettare che i movimenti islamisti possano mettere in discussione il carattere laico e civile del Paese il primo nel mondo arabo ad abolire la poligamia e a rinforzare i diritti delle donne. La Lega Araba ha deciso di creare una forza militare di intervento contro l’insicurezza e il terrorismo islamista. Che ne pensa? I Paesi arabi seguono loro agende che, spesso, non hanno molto a che vedere con il garantire la sicurezza nella regione. A mio avviso ci sono questioni di alleanze strategiche per combattere certi terrorismi e non altri. Perché in Libia non ci vanno le forze arabe? E poi vediamo cosa sta succedendo in Yemen… Sono scettica sulla reale volontà di far fronte alla minaccia del terrorismo. Evidentemente ci sono delle priorità per i Paesi Arabi e per l’Arabia Saudita, in particolare. Una di queste è l’Iran e suoi alleati della regione. La Tunisia oggi ha paura? Non abbiamo paura e non dobbiamo averne. Significherebbe dare ragione ai terroristi. La marcia di domenica ci ha detto che la Tunisia è più forte del terrorismo e che il mondo era con la Tunisia. Speriamo che ci resti. Questo Paese non deve essere lasciato solo.
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