Per molti stavolta è successo l’irreparabile. L’attacco di ieri della marina israeliana a una nave turca che trasportava materiale umanitario sulla Striscia di Gaza sarebbe stata la goccia che ha fatto rovesciare il vaso e mandato in frantumi la storica alleanza fra Ankara e Tel Aviv. La Turchia stavolta è pronta ad andare fino in fondo e, se per caso ieri l’esecutivo islamico-moderato guidato da Recep Tayyip Erdogan avesse avuto dei dubbi su come comportarsi, la reazione del popolo turco è stata la prova maggiore che della vecchia amicizia fra i due Stati è rimasto poco o nulla. Migliaia di persone si sono radunate davanti alle sedi diplomatiche israeliane ad Ankara e a Istanbul. Nella megalopoli sul Bosforo hanno iniziato dalle prime luci dell’alba, cercando di scavalcare i cancelli. I momenti di contrasto con la polizia turca non sono mancati e le forze dell’ordine hanno faticato non poco per tenere sotto controllo a situazione. Il timore è che ci possano essere delle ripercussioni sui cittadini israeliani, per questo, secondo l’emittente
al-Arabya, il governo di Tel Aviv ha sconsigliato di recarsi nel Paese della Mezzaluna e di uscirne al più presto nel caso si trovasse già sul posto. Tesa la situazione anche dal punto di vista politico. La Turchia ieri ha richiamato il suo ambasciatore nella capitale israeliana. Il rappresentante israeliano ad Ankara, invece, è stato convocato già dalla prima mattinata al ministero degli Esteri turco per chiarimenti sulla situazione. Dai leader politici, la condanna è unanime. Il premier Erdogan, prima di ripartire dal Cile, dove si trovava in visita ufficiale, in un collegamento telefonico a reti unificate ha parlato di «terrorismo di Stato», aggiungendo che la Turchia porterà il caso davanti alla Nato, (che oggi terrà una riunione straordinaria). C’è chi teme che il Paese della Mezzaluna possa chiedere che l’episodio venga trattato come un attacco militare contro un Paese membro. Apertamente irritato, il premier turco ha anche sottolineato che si trattava di persone impegnate in una missione di pace, respingendo con forza l’ipotesi che la nave potesse trasportare anche armi. Le prossime ore saranno decisive, anche per capire come proseguiranno i rapporti fra Turchia e Israele. Ma una cosa è già certa. La Turchia si è allontanata da tempo da quel binario che l’aveva portata a essere un caso unico in tutto il mondo mediorientale. Non solo stato laico, ma anche alleata di Stati Uniti e Israele. Il Paese della Mezzaluna ha iniziato a perdere almeno tre anni fa, quando sono iniziati i primi grossi contrasti con il governo di Tel Aviv, sfociati in crisi aperta dopo il conflitto sulla Striscia di Gaza e in conseguente attacco del premier Erdogan al World Economic Forum. Nelle scorse settimane in un’intervista alla
Bbc sempre il primo ministro islamico-moderato aveva attaccato indirettamente lo Stato ebraico, spiegando che veniva negata la possibilità per l’Iran di sviluppare una tecnologia nucleare quando c’erano Paesi in Medio Oriente che possedevano addirittura ordigni nucleari. Poche settimane fa l’accordo con Teheran e il Brasile, per permettere alla repubblica islamica, tramite lo scambio di uranio leggermente arricchito con combustibile, di continuare il suo programma nucleare. L’immagine è quella di una Turchia che sembra voler mostrare all’Europa che ruolo di riferimento possa condurre nel mondo arabo. Il timore è che i contrasti fra i due ex alleati non siano ancora finiti.