venerdì 20 gennaio 2017
Secondo i dati dell'Unesco, cento gli idiomi scomparsi negli ultimi anni. L’idea dell'Università della Pennsylvania di raccogliere quante più parole possibili nei database
Ogni 14 giorni nel mondo scompare una lingua
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Scompaiono al ritmo di una ogni quattordici giorni. Le lingue indigene muoiono. Anzi, si estinguono insieme agli ultimi esponenti dei popoli che le parlano. Oltre cento idiomi nativi sono spariti dal 2007, secondo i dati dell’Unesco. Altri 400 sono a rischio. La pressione dei cacciatori di risorse sulle tribù si fa ogni giorno più feroce. Per accaparrarsi terra, energia, oro e pietre preziose, gruppi criminali, aziende o, spesso, gli stessi governi, allontanano i nativi, fin quando questi non riescono più a sopravvivere.

Così è accaduto ai Pacahuara, vittime della febbre del cauciù che ha contagiato la Bolivia all’inizio del Novecento. Il primo giorno del 2017 si è spenta Baji. Nel suo villaggio – Tujure, nel cuore dell’Amazzonia – sono rimasti in quattro: i fratelli Maro e Buca e le nipoti, Bose e Shacu. Con loro, anche la lingua e la cultura millenaria dei Pacahuara cesserà di esistere. A novembre è toccato a Rosa Andrade, nel nord del Perù. La donna, 67 anni, è stata assassinata, portando via con sé il resíngaro, una delle 43 lingue amazzoniche. Il 29 luglio scorso, la morte di Tommy George - l’unico superstite degli aborigeni australiani awu laya – ha spazzato via 42mila anni di tradizione orale.

La sola india della Terra del Fuoco a parlare yagán ha 89 anni. Altre 51 lingue sono nella stessa, precaria, situazione. Di questo passo, i settemila idiomi parlati nel pianeta potrebbero sparire nel corso del secolo attuale. Da qui l’idea dell’Università della Pennsylvania di lanciare raccogliere quante più parole possibili delle lingue in via d’estinzione, con il progetto Enduring Voices. Finora sono stati strappati all’oblio 32mila termini. Frammenti di mondi altrimenti perduti per sempre.

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