sabato 3 ottobre 2020
Niente raduni, annullati gli eventi e dubbi sul prossimo faccia a faccia in tv del 15 ottobre. È il primo candidato della storia Usa messo fuori gioco dalla malattia alla vigilia del voto
I due candidati, distanziati, sul palco del Samson Pavilion a Cleveland in Ohio per il primo faccia a faccia televisivo di martedì scorso

I due candidati, distanziati, sul palco del Samson Pavilion a Cleveland in Ohio per il primo faccia a faccia televisivo di martedì scorso - Ansa

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Erano solo tre giorni fa. Durante il primo dibattito presidenziale, Donald Trump prese in giro il rivale Joe Biden perché «ogni volta che lo vedi, indossa una mascherina, la più grande possibile». Probabilmente all’epoca, il presidente statunitense aveva già contratto il coronavirus. Ora, a un mese dalle elezioni e per la prima volta nella storia americana, un capo della Casa Bianca si trova a fare le ultime, cruciali settimane di campagna elettorale dalla sua residenza personale, se non addirittura dal letto. Mentre gli analisti del mondo intero ieri si interrogavano sugli effetti che la diagnosi di Trump avrà per la scelta del prossimo leader della prima potenza mondiale, molti erano d’accordo sul fatto che sarà proprio il decorso della malattia ad avere il più forte impatto. Un peggioramento delle condizioni o una lunga convalescenza gli toglieranno infatti del tutto la possibilità di tenere i raduni di folla per i quali è noto e che fanno da carburante al suo gradimento popolare.

Un aggravamento ricorderà inoltre agli elettori (come ha fatto già ora il test positivo) quanto Trump sia stato sprezzante nei confronti del virus, non solo con la sua negligenza per la sicurezza, ma anche nelle sue valutazioni rosee di una pandemia che ha ucciso più di 207.000 persone negli Usa. Le notizie quotidiane sulle condizioni del presidente sono infatti fin troppo facili da contrapporre alle costanti critiche alla decisione di Biden di limitare le sue apparizioni pubbliche e di restare «chiuso in cantina».

Più giorni Trump passa confinato alla Casa Bianca a combattere il coronavirus, più si rivelerà impossibile per lui distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalla sua più grande responsabilità politica, per la quale la maggior parte degli americani lo giudica già duramente. Se le conseguenze fisiche sono meno gravi, però, Trump potrebbe trovare l’opportunità di minimizzare la gravità della malattia e di ribadire l’immagine di “uomo forte” che ha sempre cercato di dare di sé, contrapponendola a quella dei suoi avversari. Già 4 anni fa, il repubblicano aveva ridicolizzato Hillary Clinton come «debole » quando la democratica aveva contratto una polmonite a due mesi dal voto.

«Non lo so gente, pensate che Hillary potrebbe stare in piedi per un’ora? », aveva chiesto alla folla in un comizio. Per chi si chiedeva quale sarebbe stata quest’anno la «Sorpresa di ottobre», come nel gergo politico americano viene chiamata una notizia inattesa nel mese precedente al voto che ne influenza decisamente il risultato, il contagio del presidente è dunque una vera bomba nucleare. In confronto, la prima «October surprise», che era solo il timore di Ronald Reagan che il presidente in carica Jimmy Carter risolvesse all’ultimo momento la crisi degli ostaggi nell’ambasciata americana a Teheran, fu un petardo per bambini. Anche se Trump si riprende rapidamente dopo due settimane di isolamento, infatti, milioni di americani stanno già votando, per corrispondenza o di persona. E le reti tv ora non parlano d’altro, lasciando da parte la nomina della candidata alla Corte Suprema Amy Coney Barrett.

Ma l’incertezza resta alta. Per il momento, la prima conseguenza pratica della diagnosi è l’annullamento di due raduni previsti in Wisconsin, uno Stato decisivo per la vittoria a novembre che Trump prevedeva di visitare questo fine settimana nonostante la stessa Casa Bianca l’abbia etichettato come «zona rossa» per l’alto rischio di contagi. Un esempio in più di quanto Trump abbia costantemente messo in dubbio o ignorato i consigli sulla salute degli scienziati della sua stessa Task force contro la pandemia e dell’agenzia federale per la prevenzione delle malattie, i Centers for Disease Control and Prevention (Cdc). Messo in dubbio improvvisamente anche il secondo dibattito, previsto per il 15 ottobre a Miami, sul quale Trump contava proprio per distogliere l’attenzione popolare dalla pandemia. Così come ieri ha già saltato la conference call con i governatori sul virus, mentre Biden è partito per un comizio in Michigan.

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