sabato 21 novembre 2015
​Il rettore della Grande moschea di Bordeaux: dobbiamo andare oltre le parole.
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«In queste ore, sono contagiato dal pessimismo della ragione e dall’ottimismo della volontà». Ad affermarlo, è l’imam francese Tareq Oubrou, rettore della Grande moschea di Bordeaux e autore d’importanti saggi sull’islam europeo, divenuto da tempo un interlocutore privilegiato delle autorità della République, anche nella scia dell’impegno dell’imam nel dialogo interreligioso. Come sta vivendo il clima di questi giorni? Con gli stessi sentimenti di ogni cittadino francese. Il terrorismo cresce d’intensità, troppo è troppo. Mi associo alla condanna che con forza si è levata in tutto il Paese. I musulmani sono doppiamente choccati, come cittadini e credenti, perché questi crimini sono rivendicati in nome della loro religione, sperando che si produca un effetto meccanico di divisione nelle società colpite. Anche per questo, molti musulmani sono preoccupati dagli effetti sulla loro vita sociale ed economica, a causa della paura dei loro connazionali non musulmani verso l’islam. Questo primo venerdì dopo gli attentati ha avuto un senso particolare per gli imam? A Bordeaux, abbiamo organizzato una marcia dalla moschea al municipio, passando per il tempio protestante, la sinagoga ebraica e la cattedrale cattolica. Abbiamo voluto riunire musulmani, cattolici, protestanti, israeliti, agnostici, atei, uomini politici, autorità civili. Siamo ormai abituati a questo tipo di manifestazioni per mostrare con forza l’unità nazionale, tanto più quando il Paese è colpito dal terrorismo. Gli interventi degli imam durante le preghiere del venerdì hanno evocato questi eventi. In un’intervista ad “Avvenire”, il filosofo musulmano Abnennour Bidar sottolineava che le condanne ufficiali dell’islam non bastano. Condivide? Certo, occorre andare ben al di là delle parole. A Bordeaux, è quanto cerchiamo di fare da tempo, sensibilizzando i credenti nel quadro di tante attività associative. I musulmani non possono essere visibili solo nel momento delle condanne contro la barbarie, ma devono offrire ogni giorno una buona immagine della loro religione. Certi analisti sostengono che fra i musulmani ben integrati nella società, esistono ancora forme sottili di occultamento del radicalismo… Esistono forme di discorso religioso conservatore che surrettiziamente offrono materia al radicalismo e all’integralismo. Occorrerebbe una riforma radicale della teologia e del diritto canonico musulmani, che sono stati forgiati nel Medioevo in una logica imperiale e califfale di dominio. Il mondo è cambiato, la globalizzazione ha creato tante situazioni in cui occorre imparare a diventare una minoranza e accantonare le teologie di dominio. Come le altre religioni, l’islam deve apprendere a vivere con l’altro nella sua differenza. Da qui, l’importanza di una teologia dell’alterità. Dobbiamo rivedere i nostri testi teologici e canonici per ripensare la nostra religione all’interno di una globalizzazione dove le civilità, culture, religioni sono frammiste. Non esistono più mondi isolati. Rispetto al passato, questa strada è oggi maggiormente seguita all’interno dell’islam? Credo che la realtà s’imporrà prima o poi a quanti credono di vivere in un mondo immobile. La violenza terroristica è un sintomo di sfinimento, mi fa pensare a una bestia che si agita in piena agonia. Sono convinto che il terrorismo finirà per scomparire e lasciare il posto al buon senso.

All’interno delle comunità musulmane europee, chi deve incoraggiare per primo il cambiamento? Tutti devono partecipare. Ma un ruolo indispensabile spetta ai teologi, chiamati ad interpretare i testi sacri alla luce del mondo attuale. Non potremo fare a meno di questo lavoro intellettuale fondamentale. In Francia, il quadro delle istituzioni repubblicane può accompagnare quest’evoluzione? Direi che garantisce almeno la libertà di pensare la propria religione senza subire quelle pressioni delle forze politiche che invece nel mondo musulmano tendono a strumentalizzare la religione per rafforzare situazioni di potere. Vivendo in società aperte, i pensatori musulmani potranno riflettere in modo più sereno sulla riforma radicale della loro religione. Quali attese nutre nei confronti delle altre religioni? Mi attendo che a loro volta non cedano alla paura e non si ripieghino mai su loro stesse.

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