lunedì 7 marzo 2016
Lo afferma il ministro Gentiloni. Gli altri 2 ex ostaggi, tornati domenica in Italia: ci siamo liberati da soli. Renzi: accertare responsabilità.
Libia, rientro delle salme «entro martedì»
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Il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha dichiarato che le salme dei tecnici uccisi in Libia, Salvatore Failla e Fausto Piano, rientreranno in Italia entro domani. Secondo quanto riferisce all'agenzia Ansa il sindaco di Sabrata, Hussein Al-Zawadi "i corpi sono sempre a Surman", nei pressi di Sabrata ma "è molto probabile che il rimpatrio avvenga oggi". A Capoterra in Sardegna e a Carlentini in Sicilia, dove vivono le famiglie, cresce l'attesa. L'autopsia sarà centrale per stabilire le cause della morte. Quello che filtra da fonti qualificate è che non troverebbero riscontro né le ricostruzioni secondo cui i due sarebbero stati usati come scudi umani né quelle di un colpo alla nuca.  Pollicardo e Calcagno: ci siamo liberati da soli. Si sono liberati da soli, Gino Pollicardo e Filippo Calcagno, i tecnici rapiti in Libia e tornati in Italia all'alba di domenica dopo otto mesi di prigionia. Otto mesi durante i quali, insieme ai due colleghi poi rimasti uccisi, hanno subito violenze psicologiche e fisiche, sono stati presi a calci e pugni, colpiti con il manico di un fucile e tenuti senza cibo per giorni. L'aereo che li ha riportati a casa, dopo che sabato per ore è andata avanti una trattativa serrata con Sabrata, è atterrato a Ciampino domenica alle 5. Ai piedi della scaletta, il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni.I due tecnici sono stanchi; non più stravolti come nelle prime immagini dopo la liberazione in Libia: si sono rasati, cambiati, addosso hanno un giubbotto blu. Ma l'esperienza che hanno vissuto è stampata sulle loro facce. A pochi metri dall'aereo, mogli e figli li attendono e appena li vedono, si precipitano.

Gino Pollicardo prima della cattura in LIbia e dopo la liberazione (Ansa web)Ascoltati per 6 ore dal magistrato. Qualche ora dopo, poco prima di mezzogiorno, l'abbraccio con i familiari lascia il posto alla deposizione di fronte al magistrato nella caserma del Ros: sei ore di colloquio e domande, che permettono di dare contorni più certi alla vicenda.

Filippo Calcagno prima della cattura in Libia e dopo la liberazione (Ansa web)Rapiti da un banda comune. I punti fermi sono che i 4 ostaggi sono stati tenuti prigionieri da un gruppo islamista non direttamente riconducibile al Daesh, quasi certamente una banda di criminali comuni. Due le prigioni in cui sono stati sequestrati, sempre nella zona di Sabrata e sempre dalle stesse persone. I carcerieri erano due, si davano il cambio: tra loro, una donna.Si sono liberati da soli. Calcagno e Pollicardo, i sopravvissuti, sono riusciti a liberarsi da soli venerdì scorso. Mercoledì i carcerieri avevano prelevato Failla e Piano forse per effettuare un trasferimento in una nuova prigione. Da allora gli altri due non hanno più incontrato i loro carcerieri e a un certo punto hanno sfondato la porta e sono riusciti a fuggire. Fino ad allora i quattro erano sempre stati assieme. Da quel momento le loro storie si sono divise.Ignoravano la sorte dei compagni. Per questo Calcagno e Pollicardo non hanno saputo nulla della sorte tragica dei compagni fino all'arrivo a Roma. Una circostanza emersa ieri anche dalle parole del premier Renzi: "Da parte nostra - ha detto - ci sarà tutto il sostegno necessario alle famiglie delle vittime e ai due" italiani rapiti in Libia "che sono rientrati e hanno saputo solo stamattina della sorte dei due colleghi".Festa a Piazza Armerina e a Monterosso. I paesi di origine di Calcagno e Pollicardo, Piazza Armerina in Sicilia e Monterosso in Liguria, si sono preparati per accoglierli.

L'arrivo di Pollicardo nella sua Monterosso (Lapresse) Renzi: accertare responsabilità. Altro tassello è quello delle "responsabilità", evocato oggi da Renzi:  "Dovremo capire perché i 4 italiani sono entrati in Libia quando c'era un esplicito divieto". "Eravamo in Libia per un ruolo ben preciso, abbiamo adempiuto tutti gli obblighi di legge", ha detto da parte sua Paolo Ghirelli, numero uno della Bonatti, la società per cui i quattro lavoravano.
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