lunedì 17 dicembre 2012
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Gentile Asia Bibi,sabato 8 dicembre, sulla prima pagina di Avvenire, è apparsa una sua lettera che non può non colmare di indignazione e dolore ogni essere umano, sia che creda sia che non creda in Dio, e qualunque sia il suo credo religioso. Una donna in cella, Lei, scrive dal Pakistan, accusata di bestemmia solo perché cattolica e destinata a morire solo perché rifiuta di abbandonare la sua fede. La libertà religiosa, il rispetto di tutte le fedi, di tutte le credenze, è una garanzia essenziale della convivenza civile. Dove nel passato lontano e recente essa è mancata, l’esito è stato doloroso e terribile. Il fatto che molti Paesi non rispettino tale libertà oggi che essa è ormai un consolidato valore positivo è un abominio che ci chiama tutti a reagire. Questo abominio prende ai nostri giorni in particolare di mira i cristiani: imprigionati, spinti all’apostasia, assassinati mentre pregano in parti del mondo a maggioranza islamica. Questo non può più essere tollerato. Quello che possiamo fare è aderire con forza alla campagna iniziata da Avvenire a suo favore, inondando di appelli il presidente pachistano per chiedere la sua liberazione. Se le reazioni del mondo non riusciranno a fermare l’ingiusto meccanismo in cui Lei è schiacciata, allora sarà per tutti noi, per la nostra intera civiltà, un’immane sconfitta.
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