sabato 15 dicembre 2012
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Gentile Asia Bibi, l’appartenenza a un credo religioso non può essere motivo di discriminazione, di aggressione, di condanna giudiziaria. La libertà religiosa è un diritto fondamentale della persona: uno Stato realmente democratico deve saperla garantire, sempre. Per questo è giusto aderire all’appello per la sua liberazione. Perché su di lei – donna pakistana, cristiana cattolica, condannata a morte con l’accusa di aver offeso il profeta Maometto – si sta perpetrando una crudele ingiustizia, che colpisce i diritti umani. L’impegno di tanti, nel mondo, può ottenere la sua liberazione e farla tornare alla sua vita quotidiana e ai suoi affetti. La religione ha anche una dimensione pubblica che va tutelata ovunque: è inseparabile dal rispetto del pluralismo religioso e culturale. Questo tema deve diventare prioritario nell’agenda della comunità internazionale. La politica ha il dovere di difendere i valori fondamentali della persona. Non si può restare indifferenti di fronte a persecuzioni di cristiani, a intolleranze nei confronti di fedi e culture: abituarsi all’ingiustizia è lasciare varchi all’impoverimento della nostra convivenza civile.
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