lunedì 28 gennaio 2013
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Egregio signor presidente Zardari, le scrivo in merito alla detenzione di Asia Bibi. Mi chiedo come si possa tenere in catene una madre di famiglia, in attesa di sentenza definitiva. Ma soprattutto mi domando in base a quali leggi si riesca mantenere carcerata per oltre 1.300 giorni una donna con l’accusa di "blasfemia". Scrivendo queste frasi mi rendo conto di trattare una situazione che ha dell’incredibile. Professare rispettosamente la propria fede non può mai essere scambiato per l’offesa a un’altra religione. Ad Assisi, papa Giovanni Paolo II convocò i responsabili di tutte le religioni, in un incontro che ha segnato la storia. La tolleranza, prima di tutto. L’accettazione dell’altro, chiunque egli sia. Non importa il colore della pelle, il sesso, la religione, la razza. Deve contare la persona, solo quello. Purtroppo alcune norme non rispettano più la persona, ma assecondano solo il più forte. Le chiedo di intervenire al più presto per restituire una madre ai propri figli. Ascolti le insistenze di chi, da lungo tempo, interviene su questo giornale. «Avvenire» ha sposato questa battaglia di civiltà in favore di Asia Bibi. E con «Avvenire», mi creda signor presidente, siamo in tanti.
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