martedì 8 febbraio 2011
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Nella forma, l’attuale legge quadro francese sulla bioetica del 2004 dovrebbe mutare di poco, a giudicare dalle premesse con cui si aprirà oggi l’atteso dibattito di revisione all’Assemblée Nationale. Ma nei fatti – ad esempio nell’attività quotidiana di laboratori di ricerca e centri per la fecondazione assistita o i test genetici – questo status quo nelle grandi linee legislative potrebbe ugualmente consentire cambiamenti molto profondi.Sembrano sfociare in un paradosso i 3 anni di lavori parlamentari e di dibattiti pubblici dedicati a questioni come l’inquadramento legislativo di procreazione assistita, ricerca sugli embrioni, limiti della "prevenzione" tramite test genetici e diagnosi pre-impianto. Un esempio lampante è dato proprio dalla ricerca sugli embrioni. L’attuale regime prevede un divieto ufficiale di manipolazione per i ricercatori, i quali possono tuttavia aggirarlo chiedendo una "deroga" all’Agenzia di biomedicina, l’organismo tecnico chiamato ad accertare la serietà e i «progressi terapeutici prioritari» prevedibili per ciascun progetto di ricerca. In proposito, non si può certo dire che l’Agenzia sia stata fin qui restrittiva, dato che sui 64 protocolli presentati ben 58 sono stati accettati. Per questo le associazioni per la difesa della vita parlano di un regime «ipocrita».Nella sua struttura principale, la norma approvata sette anni fa dovrebbe uscire inalterata dal confronto parlamentare che si apre oggi. Ma cambierà probabilmente ciò che in molti dibattiti pubblici è parso finora come un dettaglio: le "deroghe" non saranno più accettate nel quadro di una moratoria quinquennale ma diventeranno definitive. Il che significa che i laboratori di ricerca potranno chiedere le loro autorizzazioni senza il vincolo di ottenere risultati entro un tempo determinato. Le conseguenze pratiche di questo codicillo potrebbero essere notevoli. A cominciare da un aumento delle stesse richieste di "deroghe". Monsignor Pierre d’Ornellas, arcivescovo di Rennes e responsabile per la bioetica della Conferenza episcopale francese, ha appena sottolineato che una simile scelta cambia lo «spirito della legge del 2004 che aveva integrato una deroga di 5 anni pensando che i progressi della scienza avrebbero reso probabilmente inutili le ricerche sulle cellule staminali embrionali». In un documento intitolato «Bioetica, una posta in gioco d’umanità» il presule insiste anche sul fatto che «nessuna ricerca sulle cellule staminali embrionali è sfociata in risultati convalidati al termine di un test clinico, mentre allo stesso tempo le ricerche condotte su cellule staminali adulte hanno condotto a diverse nuove terapie». Su Internet una petizione per il mantenimento di una scadenza quinquennale ha già raccolto migliaia di firme. Ma anche altri emendamenti alla legge potrebbero allargare il numero dei progetti di ricerca presentati e ammissibili. Ad esempio, si potrebbe passare dalla nozione attuale di «progressi terapeutici prioritari» prevedibili a quella ben più vaga di «progressi medici prioritari». L’effetto combinato di queste modifiche in apparenza minori rischia di spogliare ancor più di senso il "divieto" formale alla ricerca sugli embrioni umani. Anche nel campo della diagnosi pre-impianto (Dpi) lo status quo legislativo, giudicato come l’esito più probabile della revisione, potrebbe lasciar libero corso a mutamenti profondi, con rischi crescenti di derive di stampo eugenista sottolineati più volte negli ultimi mesi dai vescovi francesi (come denuncia anche il celebre genetista Jacques Testart nell’intervista in questa stessa pagina).Nelle ultime settimane il dibattito si è concentrato soprattutto sui limiti della procreazione assistita. Sostenuto dalla sua maggioranza, il governo vuole mantenere il principio di uno scopo esclusivamente "terapeutico" come risposta all’infertilità delle coppie eterosessuali. Ma anche qui una serie di modifiche "secondarie" potrebbe produrre effetti pratici notevoli. Ad esempio, le donne senza figli potranno divenire "donatrici" di ovociti ottenendo in cambio il diritto di farne conservare presso centri specializzati «in vista di un eventuale utilizzo ulteriore». Al crescere di pressioni e richieste, si vogliono allentano le garanzie: il Parlamento francese saprà fermarsi in tempo?
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