giovedì 9 luglio 2020
Il Fondo ecuatoriano Populorum progressio incalza le autorità del Paese più segnato di altri in America Latina: rinegoziare il debito, stroncare la corruzione e garantire sanità e istruzione
Un venditore di strada nel centro della città di Riobamba in Ecuador

Un venditore di strada nel centro della città di Riobamba in Ecuador - Ansa

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È il laboratorio latinoamericano della pandemia. L’Ecuador è stato il primo Paese della regione su cui si è accanito il virus, tra marzo e aprile. Le immagini dei corpi abbandonati per strada a Guayaquil dai familiari disperati, dopo aver atteso invano per giorni l’aiuto dell’autorità, hanno fatto il giro del mondo. Puntando i riflettori sulle contraddizioni a lungo rimosse della nazione e del resto del Continente: diseguaglianza nell’accesso alle cure, intreccio tra politica e corruzione, esclusione cronica. È il «risultato dell’attuazione di un modello di sviluppo disumano», afferma il gruppo sociale Fondo ecuatoriano Populorum progressio (Fepp), presieduto da monsignor Néstor Herrera e creato 51 anni fa grazie all’intuizione profetica del vescovo Cándido Rada e al lavoro di Bepi Tonello. Originario di Caerano di San Marco, nel trevigiano, Tonello, laico salesiano entusiasta del Concilio, ha esportato in Ecuador il sistema delle casse rurali (oggi Banche di credito cooperativo- Bcc) del Veneto.

Creando, anche con il prezioso contributo delle Bcc e Federcasse, un sistema di finanza popolare che sostiene migliaia di organizzazioni comunitarie e centinaia di migliaia di famiglie attraverso Codesarollo, una banca di primo e secondo livello costituita una ventina di anni fa e oggi particolarmente solida ed efficace. Non è, dunque, una richiesta utopica il forte appello lanciato dal Fepp a «cambiare adesso» per uscire dal labirinto del Covid, che ha raggiunto ormai i 63mila casi (su un totale di oltre 3 milioni nella regione latinoamericana) e gli oltre ottomila morti, nonché la cifra più alta di vittime per milione di abitanti della regione. «Non possiamo tornare alla normalità di prima», si legge nel documento che elenca una serie di misure concrete. In primo luogo, la lotta alla corruzione, «crimine che condanna a morte molte poveri», l’ha definita, la settimana scorsa, la Conferenza episcopale ecuadoriana, come il coronavirus ha dimostrato. Le Procure di Quito e Guayaquil hanno aperto oltre cinquanta indagini per mazzette nella gestione dell’emergenza sanitaria, in cui figurano coinvolti politici e vertici amministrativi. L’episodio più grave è venuto alla luce il mese scorso con l’arresto del manager Daniel Salcedo, accusato di aver lucrato sulle borse per cadaveri, vendute alle autorità sanitarie a dodici volte il prezzo di mercato. Il Fepp chiede, inoltre, ampi accordi democratici per garantire servizi sanitari, educativi e abitativi di buona qualità, affrontare «le questioni prioritarie legate all’acqua, irrigazione, terra, agricoltura, produzione», «rinegoziare e rinviare il pagamento del debito estero, dando priorità al debito verso la cittadinanza sociale».

Questione quest’ultima cruciale: l’Ecuador deve restituire oltre quattro miliardi di dollari al Fondo monetario internazionale (Fmi), ricevuti l’anno scorso per far fronte alla crisi causata dal crollo del prezzo internazionale delle materie prime. Proprio il pacchetto di tagli per restituire il debito aveva innescato le proteste di ottobre. Le misure, ritirate sull’onda delle rivolta, sono state ore riproposte dal governo di Lenín Moreno. A cominciare dall’eliminazione dei sussidi sul carburante che, in un Paese centralizzato, si traducono in un incremento del costo del cibo nelle province periferiche, più povere. Alla scappatoia dell’austerità, il Fepp contrappone un piano di ampio respiro, che respinga licenziamenti e privatizzazioni selvagge e lotti contro l’evasione fiscale dei potenti e la fuga dei capitali nei paradisi fiscali. Dobbiamo passare «a un modello di sviluppo che ponga l’essere umano e la difesa della vita come valori centrali» – sottolinea il Fepp –, che si basi sugli obiettivi del bene comune, di una vita degna per tutti'.

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