mercoledì 3 luglio 2013
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Ha chiesto asilo a 21 Paesi. E sei di questi – secondo i dati di Wikileaks – sarebbero latinoamericani. Oltre al noto Ecuador, nella lista ci sarebbero: Bolivia, Brasile, Cuba, Nicaragua e Venezuela. Difficile pensare che la “talpa” Edward Snowden abbia scelto a caso. E, infatti, dei sei, finora, ad esprimere un secco rifiuto è stato solo il Brasile. Nicaragua e Cuba sono rimasti per ora in silenzio. Gli altri stanno mostrando un atteggiamento quantomeno ambiguo nei confronti dell’ex agente statunitense. Il presidente venezuelano Nicolás Maduro, dopo aver detto di non aver ricevuto alcuna richiesta, ha voluto sottolineare ieri la sua ammirazione per Snowden. «Ha fatto qualcosa di molto importante per l’umanità – ha dichiarato Maduro –.Tutti dovrebbero reagire esprimendo solidarietà a questo giovane uomo». Ancora più esplicito il boliviano Evo Morales. In un’intervista alla tv russa “Rt”, il presidente ha ribadito che gli Stati Uniti sono «un impero» a capo di una rete di spionaggio e che il suo Paese è disposto a «proteggere» l’ex agente. Quest’ultimo, però – ha aggiunto Morales – non ha ancora inoltrato la domanda. Ma «se ci fosse una richiesta saremmo disposti a discuterne». Il caso più interessante, tuttavia, è quello dell’Ecuador che, da settimane, tiene il mondo con il fiato sospeso. In un primo tempo, il governo ecuadoriano ha concesso alla “talpa” il salvacondotto temporaneo che le ha permesso di viaggiare da Hong Kong a Mosca. Nei giorni successivi, però, da Quito sono arrivate dichiarazioni contrastanti di aperture e smentite. Poi ieri il presidente Rafael Correa ha dichiarato alla “Bbc”: «È stato un errore concedere il permesso di viaggio» a Snowden. L’ennesimo gioco delle parti e o una mano tesa a Washington? Per gli Stati latinoamericani a cui si è rivolta la “talpa” – a parte il Brasile che ha una politica estera più cauta –, l’affaire Snowden rappresenta una ghiotta occasione di mostrare i muscoli all’ingombrante vicino del Nord. E accreditarsi come nuovo Paese leader dell’asse bolivariano, orfano del suo “caudillo” Chávez.  Se questa ragione ha spinto in passato Correa a concedere asilo nell’ambasciata britannica a Julian Assange, per Snowden c’è un motivo ulteriore. Il 17 giugno è entrata in vigore a Quito la Legge sui media, criticata da opposizione e Ong perché impone limiti alla libertà di stampa.Offrire “protezione” all’ex agente, consentirebbe al presidente di ribaltare l’immagine di fustigatore della stampa. Certo, il rischio di nuove tensioni con gli Usa è elevato. Fino a che punto Correa – e gli altri latinos – sarà disposto a correrlo?
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