martedì 18 febbraio 2020
Per milioni e milioni di persone la parola epidemia, ben prima che la nuova piaga del coronavirus si abbattesse sull’Estremo Oriente, era già realtà quotidiana
In Congo sono più di 2mila i morti di febbre emorragica dall’agosto del 2018. In Nigeria sono saliti a oltre 1.700 i casi sospetti, con 70 vittime

In Congo sono più di 2mila i morti di febbre emorragica dall’agosto del 2018. In Nigeria sono saliti a oltre 1.700 i casi sospetti, con 70 vittime - Ansa

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Con il suo carico di incognite e mistero – sono ancora molte, infatti, le risposte che Pechino non ha fornito – il coronavirus Covid- 19 monopolizza l’attenzione mondiale in questo primo scorcio di 2020: d’altronde, l’emergenza sanitaria, là dove si è generata, è effettivamente grave, mentre l’individuazione di un vaccino lungi dal concretizzarsi. E il manifestarsi del virus in Egitto, primo Paese africano ad importarlo, aumenta la preoccupazione dell’Oms.

Tuttavia, per milioni e milioni di persone la parola epidemia, ben prima che la nuova piaga si abbattesse sull’Estremo Oriente, era già realtà quotidiana. Nell’America del Sud, nel 2019, la propagazione della febbre dengue ha toccato picchi storici, con rapidità di contagio ancora superiore rispetto all’anno 2015. L’Organizzazione panamericana della salute (Ops) ha diffuso nei giorni scorsi dati sconvolgenti e per lo più ignorati dai mezzi di comunicazione internazionali: i casi accertati di infezione sono stati circa 3 milioni 140 mila, per un totale di oltre 1.500 decessi. Solo un anno prima, nel 2018, i contagi furono sei volte in meno. Scrive l’Ops: «Paesi come Belize, Costa Rica, El Salvador, Messico, Nicaragua hanno riferito tre volte tanto i casi dell’anno precedente. Altri, come Antigua e Barbuda, Brasile, Guadalupa, Guatemala, Honduras, Giamaica, Martinica e Repubblica dominicana fra le sette e le dieci volte il numero di contagi di dengue registrati» nel 2018. Ma la diffusione non sembra rallentare neanche nel 2020: nelle prime quattro settimane dell’anno, i casi sono già stati più di 125 mila, in netta crescita.

A portare la malattia le zanzare di tipo Aedes aegypti, una specie che negli ultimi anni ha guadagnato nuove regioni del pianeta. Febbre alta, mal di testa e dolori muscolari e articolari sono i sintomi iniziali, seguiti poi da nausea e vomito. Ed è alta la preoccupazione delle autorità sudamericane per l’aumento di casi di «dengue grave», cioè quella emorragica, che conduce al decesso. Essa, ad oggi, è presente soprattutto in Honduras. In Paraguay, dove pure il presidente Mario Abdo e sua moglie hanno contratto la dengue, il Senato ha varato lo stato di emergenza sanitaria, mentre in Bolivia la stessa Ops ha chiesto alla popolazione di collaborare per frenare la diffusione della malattia.

Ansa

Non meno inquietante il clima generato dalla diffusione di febbre Lassa in Nigeria: giovedì scorso il bilancio delle vittime è salito a 70 casi confermati. Nel comunicare la diffusione della malattia a tre nuovi Stati della federazione, l’Agenzia nigeriana per le malattie ha dichiarato che il numero dei casi sospetti è passato da oltre 700 – a metà gennaio – a 1.708, e che i casi acclarati sono cresciuti fino a toccare quota 472. La febbre di Lassa si diffonde attraverso alimenti o oggetti domestici contaminati con urina o feci di roditori. Appartiene alla stessa famiglia dei virus ebola e Marburg. Infetta tra le 100mila e le 300mila persone nella regione ogni anno, con circa 5 mila morti. In lieve miglioramento, invece, il contagio da ebola vero e proprio, anche se l’Oms ha esteso la qualifica di emergenza internazionale dell’epidemia nella Repubblica democratica del Congo a causa dell’estrema instabilità del Paese, anche in termini di capacità di contrasto del virus. Non si registrano nuovi casi negli ultimi tre giorni, ma come dimenticare i 2.249 morti dal 1° agosto del 2018, giorno dell’inizio dell’epidemia (su 3.431 contagi)?

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